mercoledì 30 giugno 2010

MALA PIANTA DA MALO SEME. GUERRA IN VISTA? Ovvero la naturale evoluzione del nazifascismo, più il Saviano disvelato





A Fiorenzo Capriotti che combatté nella gloriosa Unità di avanguardia
“la Decima Flottiglia Mas” della Marina Italiana nella seconda guerra mondiale; Che ci fu di grande aiuto per fondare e addestrare l’unità di Comando della nostra marina, durante la Guerra d’Indipendenza, identificandosi completamente, con devozione e spirito di sacrificio, a suo rischio e pericolo.
In cambio di questo contributo alla rinascita dello Stato d’Israele gli porgiamo come omaggio il titolo: COMANDANTE AD HONOREM DELLA TREDICESIMA FLOTTIGLIA.
Il sottoscritto Ammiraglio Ami Ayalon, Comandante in capo della Marina Israeliana.
(Pergamena nell’Achivio-museo dell’Immigrazione clandestina e della Marina – Haifa. Ne potete trovare la copia esatta in Eric Salerno: "Mossad base Italia". La trovate anche in rete)

(Cari amici, questo pezzo è spropositatamente lungo. Leggetelo, se volete, negli intervalli delle vostre più interessanti attività. Prometto che, dopo un prossimo post di saluto a coloro che mi hanno affettuosamente accompagnato nello scontro con Liberazione e il PRC, mi taccerò per un po’.)

Non richiede spiegazioni quanto sopra. E’ il documento che esalta il ruolo avuto dalla punta di diamante nazimafiosa del fascismo repubblichino, la banda criminale X Mas di Junio Valerio Borghese, nel tenere a battesimo e addestrare il militarismo neonazista israeliano. E’ l’avvio, già preparato dall’intesa tra Bund ebraico e regime hitleriano sulle deportazioni a fini di colonizzazione della Palestina, di una sinergia basate sull'affinità ideologica e operativa tra questo Stato, fuorilegge in tutti i suoi aspetti, i fascismi e le estreme destre mondiali, o al potere, o cospiratori contro poteri democratici. E anche l’avvio di una collaborazione tra Mossad ed eversione antidemocratica italiana che vanta punte alte come il sequestro dell’eroico smascheratore di Israele nucleare, Mordechai Vanunu, o l’eliminazione di Aldo Moro. E neanche lo scritto del finto anti-mafia e vero sicofante mossadiano Roberto Saviano, che aggiungo in calce al post, merita commenti. Se c’era chi ancora si abbarbicava all’icona costruita dall’unanimità destra-sinistra, ora dovrebbe essere servito. Non c’è bisogno di confutare lo spurgo tossico di questo trombettiere dell’imperialismo-sionismo e dei suoi metodi mafio-terroristici. Bastano le foto sulla contiguità tra gli orrori hitleriani e quelli della dinastia terroristico-militarista che va da Ben Gurion a Netaniahu. E basta la constatazione di come il modello della pulizia etnica e sociale sionista sia ora lo strumento unitariamente adottato dalle “democrazie” occidentali per perpetuare la dittatura interna e realizzare la riconquista colonialista planetaria. Il nazifascismo razzista e teocratico israeliano, mascherato nei suoi connotati ideologici e nei suoi arnesi pratici dalla complicità mediatica universale, è stato assunto come modello dai governi della “comunità internazionale”.


Nulla da dire in proposito, caro sindacato dei giornalisti che a Piazza Navona, il 1. luglio, ti vesti di prosopopea legalitaria, strabicamente protestando contro i bavagli del guitto mannaro e ignorando gli autobavagli che ti imponi sulle architravi della menzogna capitalista mondiale: terrorismo islamico, 11 settembre, Balcani e Milosevic, Iraq, Saddam, una strategia della “crisi” finalizzata al restauro del rapporto padroni-schiavi durato tanti bei secoli? Nulla da dire sulla singolarità di un giornalismo anti-bavaglio che tra veli ginofobi, fondamentalismo islamico, clericalismo, diritti civili, pari opportunità, in cui si compiace di sciacquare i panni della sua libera espressione, non trova da inserire un trafiletto su 150mila trogloditi ashkenaziti d’Israele, polacchi, russi, lituani, caucasici, mai stati semiti, che l’altro giorno, europeamente razzisti, hanno urlato contro la convivenza in scuola tra i loro figli e quelli dei sefarditi, minoranza araba, semita, convertitasi nei tempi all’ebraismo? E che hanno imposto, nell’unica democrazia del Medioriente, settori separati negli autobus tra donne e uomini. Roba da far morire di gelosia un emulo becero come il leghista Salvini. Dove è finita Giuliana Sgrena, l’irriducibile pasionaria delle donne svelate, dall’Algeria a Gaza, da Tehran a Kabul? Nulla da dire, soprattutto, sulle gigantesche montature e i megainganni, le bufale grossolane, le truffe cosmiche diffuse dagli apparati del dominio e della guerra, che la “libera stampa” in tutti i suoi componenti ha passivamente, se non gioiosamente recepito e propagandato. Hanno mai solleticato, non dico la censura, la condanna, ma anche solo l’attenzione dell’Ordine dei Giornalisti (guai, comunque, ad abolirlo come vorrebbe Pannella per far posto ad ancor più velinari e corifei), custodi della deontologia, o della Federazione della Stampa, che dice di sorvegliare correttezza e veridicità dei suoi iscritti? E di un Claudio Pagliara, TG1, che fornisce notizie della stessa qualità del fosforo bianco defecato dai suoi padrini su Gaza, nulla da rilevare? Emilio Fede può continuare a sputtanare la sua, la nostra categoria, come nemmeno l’Appelius del Duce, e Vittorio Feltri e Bruno Vespa possono continuare a dimostrare raffinate competenze di provocatori e pali del regime e nessuna di natura professionale, senza che Roberto Natale, presidente FNSI, fluente e tonitruante sul palco dell’anti-bavaglio di Piazza Navona contro cancellazione e manipolazioni del diritto alla verità, neppure arricci il naso?

Israele e i suoi necrofori non sono solo attivi ovunque si tratti di condurre operazioni sporche per eliminare contrasti all’avanzata dei lanzichenecchi imperiali e dei loro fantocci locali, dall’America Latina tutta al Kurdistan, dal Pakistan all’Asia Centrale, dall’Italia da sempre centrale europea del Mossad (vedi Brigate Rosse), a qualsiasi area di crisi dove occorrano alla fascistizzazione provocazioni terroristiche, attentati, infiltrazioni, squadroni della morte assassinii mirati, falsi oppositori, opposti estremismi, stragi. Il modello culturale, psicologico, comportamentale, di questo carcinoma dell’umanità muove anche gli squadristi di Pacifici che assaltano chi, sotto l’effige dell’occupante killer Shalit appesa al Campidoglio dall’omologo sindaco fascista (i suoi camerati Fini e Gasparri, intanto, si crogiolano nell’ospitalità nazisionista a Gerusalemme), osa ricordare gli 11mila esclusi dalla libertà, dal diritto, dalla salute, dall’incolumità, che marciscono nelle carceri della tortura israeliane. C’è il veleno del cobra israeliano nei rastrellamenti, nei sequestri di persona, nelle mazzate e nei gas tossici che gli energumeni in divisa da sbirro infliggono a inermi cittadini in marcia contro l’olocausto umano e ambientale che la genìa dei licantropi capitalisti vuole allestire per quattro quinti degli esseri viventi, da Genova a Toronto, da Derry ad Atene, da Scanzano a qualsiasi capannello di operai, studenti o pensionati, da Cucchi ad Aldovrandi, dal sovraffollamento delle carceri contenuto a forza di botte e alleggerito dai suicidi, alla liquidazione di qualsiasi soggetto irregolare. Irregolare rispetto alla regola di chi costruisce un mondo immerso nell’oscurità per abbeverarsi di sangue prima che torni la luce.

Il cannibale si nutre di sangue e dove non riesce a succhiarlo a forza di usura bancaria, macelleria sociale, randellate poliziesche, rapina di risorse, Fondo Monetario, Banca Mondiale, ONU, Organizzazione Mondiale della Sanità (o delle epidemia da laboratorio), immunità dei predoni e criminalizzazione dei depredati, si lancia in guerre di sterminio. E indovinate chi è di nuovo il capofila, lo stratega, l’incendiario, il più bulimico di morte? Finora avevo evitato di inserirmi nello tsunami dei vaticinatori di un’imminente aggressione all’Iran. Consideravo la complicità tra occupanti Usa dell’Iraq e colonizzatori persiani troppo preziosa per il mostro bicefalo USraele da rischiarne la rottura a favore di un Iran che in Iraq vanta una quinta colonna ben più efficace dei detestati marines e dei controllori israeliani dei due capibanda kurdi. Ma ora sono entrati in gioco fattori nuovi che potrebbero, in aggiunta alla psicopatologia bellica di quasi tutta la società che ha invaso e occupa la Palestina, far saltare quell’equilibrio di collisione-collusione che è costato agli iracheni dall ‘80 al 2010, dall’aggressione iraniana su mandato USraeliano al settimo anno di occupazione, quattro milioni e mezzo di morti e quattro milioni di erranti.

Di fronte all’appannamento, sotto i colpi del proprio agire criminale, dello status internazionale di Israele, al di là della storica intesa colonialista e guerrafondaia con gli Usa, all’entità sionista è rimasto poco più della complicità dello Zio Tom palestinese dell’ANP che, peraltro, continua a superare asticelle sempre più alte della vergogna e del disonore. Prima, bloccando l’accettazione della Commissione ONU di Goldstone sulle efferatezze di Piombo Fuso, poi sollecitando il Fuehrer sionista a non allentare l’embargo sui propri fratelli a Gaza, infine cercando di impedire che al Consiglio ONU dei Diritti Umani passasse la richiesta turca di un’inchiesta indipendente sui lanzichenecchi all’attacco della flottiglia “Free Gaza”. E c’è un Valentino Parlato che rimbrotta coloro che al decaduto, ma non dimissionario, presidente Abu Mazen riservano la qualifica di “quisling”. Vada, Valentino, a dare un’occhiata al sito electronicintifada.net/v2/article11350.shtml e al documento autentico inviato dal governo di Abu Mazen al suo rappresentante a Ginevra Ibrahim Khraishi perché stoppasse la sacrosanta richiesta turca.

A Israele non sono serviti gli squallidi servitorelli del suo fantoccio ANP. Nè per la commissione Goldstone, che è diventato patrimonio di ogni coscienza non contaminata, né per l’inchiesta sul massacro della flottiglia, che è stata approvata, alla faccia da manichino Upim di Frattini. Sta a mezz’asta la bandiera con la stella di Davide, lacerata dall’irriducibilità di una resistenza di popolo e dalla crescente solidarietà che a essa arriva, infangata dagli schizzi delle infamità commesse. Il contesto geopolitico e d’immagine è tale da richiedere, nella mentalità forsennata di chi pensa di prevalere costi quel che costi, un’ulteriore e più forte cataclisma. Ha sempre campato, il neonazismo sionista, sulla presenza, vera o inventata, di un nemico mortale. Quello palestinese era predeterminato dalle parole dell’ideologo Vladimir Jabotinsky nel 1937, più tardi supportate dalle grandi potenze cristiane: Il popolo palestinese ha ogni diritto e tutte le ragioni, come tutti i popoli colonizzati, di battersi contro l’invasione e la costituzione di una maggioranza alloctona Non ci darà mai il suo consenso, salvo con una piccola cricca di corrotti e venduti. Perciò è necessario costringerlo ed eliminarlo. Questa deve essere l’unica nostra politica araba. Vada a leggersi i pronunciamenti democratici di questo padre fondatore, il lottatore anti-crimine Saviano. Ma ad irrobustire una colonizzazione genocida, fatta passare per avanzata della civiltà e della democrazia, ci voleva una cornice più vasta e di perenne utilizzo: l’antisemitismo. Concetto fondato su una falsità storica (il semitismo di un popolo indoeuropeo venuto dall’Asia centrale) e su un episodio storico (la Shoah), ma collocato sullo sfondo cosmico di un’ideologia onnipervasiva e non sradicabile, tanto da poter essere fatta riemergere all’occorrenza, specie quando Israele fa il suo passo di licantropo più lungo della gamba, come nel massacro di Gaza, o l’assalto alla flottiglia, o gli assassinii del Mossad in giro per il mondo, o quando gli infanticidi di Re Erode diventano troppo famelici..

Oggi il nemico, rinchiuso Hamas nella sua striscia e reclutato l’ANP tra i suoi domestici, reso sbrindellato e sempre più discutibile, anche tra i suoi storici come Ilan Pappé e Shlomo Sand, il paradigma dell’eterna vittima, del ritorno alla terra dei padri, dell’identità semitica perseguitata a prescindere, doveva essere uno davvero grosso. Uno che ti costringe a giocarti il tutto per il tutto. Lo richiede una collettività nazionale tenuta insieme esclusivamente da un isterico sciovinismo determinato da paure indotte, che però inizia a dare segni di lacerazione e conflittualità interna. Lo rende necessario la già descritta caduta d’immagine, come ribadita da un crescendo internazionale di critiche e, quanto meno, di abbandono di una tolleranza senza limiti. C’è perfino nella conclamata “comunità internazionale” chi rabbrividisce di fronte a uno Stato, sempre più evidente nella sua arbitrarietà (anche qui, grazie ai “nuovi storici” soprattutto israeliani), che nel suo delirio di impunità, immunità e onnipotenza, rischia di mandare a ramengo ogni equilibrio mondiale, i suoi meccanismi economici, sociali, propagandistici, politici, con conseguenze di una portata catastrofica come l’umanità non se l’era neppure mai immaginate. Infine, un nemico che ancora una volta sappia far accodare dietro ai nazisionisti il colto e l’inclita, le destre e le sinistre, è diventato di urgenza estrema di fronte alle nuove configurazioni geopolitiche e geostrategiche che stanno emergendo.

Dopo il fronte dei paesi latinoamericani, che hanno strappato quasi un intero continente alla disponibilità di Usa e alleati, l’asse del tutto inaspettato tra Iran, Siria e Turchia, nuovi protagonisti della regione, legati alla realtà emancipata latinoamericana e con alle spalle, a dispetto delle sanzioni opportunisticamente votate contro l’Iran in cambio di contingenti concessioni, i due grandi poli planetari Cina e Russia. Un asse a baricentro islamico che potrà procurare ansie alla satrapie sunnite in Egitto e Arabia Saudita, ma che esercita sicuramente fascino e stimolo alla mobilitazione tra le masse arabe in potenziale rivolta contro governi parassitari, oppressivi e sfruttatori, riconosciuti come rinnegati rispetto sia alla comunità araba, sia all’umma islamica.

Potrà aver sorpreso solo i soliti naives, pronti a incoronare il primo pagliaccio magniloquente alla Obama, il fatto che la grande armada passata per Suez e ora davanti alle coste persiane, a congiunzione con la più vasta concentrazione bellica mai vista da quelle parti, includesse accanto ai sommergibili nucleari dei dementi di Tel Aviv, anche portaerei e altre navi da guerra statunitensi. Ma come, non aveva Obama fatto quel bel discorso del Cairo di apertura all’Islam? Ma come, non aveva ripetuto che con le sanzioni e le ri-sanzioni ci si sarebbe acquietati in vista di un accomodamento con gli ayatollah? Ma come, non era già sufficientemente impelagato in Afghanistan e aveva promesso di uscirne entro il 2011? A parte il fatto che l’uomo è una totale mistificazione, come doveva bastare a convincercene la burla della riforma sanitaria, la svolta a U sulla politica ambientale, la rinuncia a qualsiasi pur lieve mordacchia alle sanguisughe della finanza, l’estensione della sua “politica di pace con le bombe” a Pakistan, Yemen, Somalia, è profondamente cambiata la configurazione di una scacchiera su cui pareva che l’unica superpotenza rimasta avesse dato scacco matto al resto. Dall’Afghanistan, che registra per gli invasori la più alta mortalità dal 2001, ormai una decina di mercenari al giorno, e una totale adesione della popolazione alla pluralistica coalizione di resistenza, trovano pretesti per fuggire alla disfatta generaloni che fino a ieri si atteggiavano a Rommel. L’intero paese è sotto controllo delle forze di liberazione, salvo qualche enclave disperatamente difesa per garantire la sopravvivenza dei briganti collaborazionisti e del loro traffico di eroina, indispensabile fondo di garanzia per le speculazioni di Wall Street e affini, e si è dovuto ricorrere al solito Petraeus perché, come in Iraq, intorbidasse un po’ le acque di una crisi senza scampo, comprando a suon di miliardi qualche capotribù. Si sa come è andata a finire l’operazione “Consigli del Risveglio”, o “Figli dell’Iraq”, con cui si era cercato di formare una milizia di venduti sunniti da controbilanciare i tagliagole sciti e da usare contro la Resistenza, in cambio di soldo e protezione dall’epurazione confessionale scito-iraniana.

Il soldo è finito, gli Usa hanno ritirato ogni sostegno e il regime scita ha ripreso indisturbato a fare pulizia confessionale. In compenso, nonostante che Tehran abbia imposto alle varie fazioni di ex-fuorusciti sciti di unificarsi per esprimere un regime cliente con cui perpetuare la liquidazione dei nazionalisti sunniti, a quattro mesi dalle cosiddette elezioni quella combriccola di fetecchie corrotte non è ancora riuscita a mettere in piedi una parvenza di governo. Caos e probabile nuova guerra civile, assolutamente inopportuni per gli avvoltoi Usa del petrolio e per una strategia che doveva fare dell’Iraq un retroterra per gli assalti all’Iran e all’Asia centrale. C’è da ridere a pensare come i proconsoli sciti dell’Iran reagiranno all’eventuale guerra USrealiana al loro padrino.

C’è però chi a Washington considera che un attacco all’Iran potrebbe rimettere in questione l’egemonia perduta in Iraq. I gaglioffi messi in sella a Baghdad, pur di non soccombere a una collera nazionale sempre pronta a riesplodere e, del resto, di nuovo in evoluzione armata negli ultimi sei mesi, annichilito il mandante e garante persiano, non dovrebbero – si spera - avere troppi scrupoli a riaccucciarsi sotto il tacco a stelle e strisce. Ecco perché la flotta congiunta israelo-statunitense nel Golfo, ecco perché non si notano più quelle increspature nell’unità sacra con Israele, quei tentennamenti di settori anche militari, in particolare Petraeus, davanti a ogni virulenza aggressiva in cui venivano trascinati gli Usa dal socio di maggioranza. Maggioranza parlamentare, mediatica e criminale. Uno, la guerra in Afghanistan è perduta e, perduta quella, non si verrà più a capo neanche della colonizzazione del Pakistan. Non basta raccontare ai quattro venti che l’ISI, il servizio segreto pakistano, è in combutta con i Taliban, anzi li dirige. Non pare che questa denuncia abbia raccolto attorno alle mire Usa (e indiane) sul Pakistan nucleare una nuova “coalizione dei volenterosi”. Insisteranno ancora con le “operazioni speciali”, con le stragi dei droni Cia nei villaggi, con le incursioni dei delinquenti Blackwater tra una popolazione renitente al richiamo del colonizzatore. Ma dell’insieme Afghanistan-Pakistan non ne verranno a capo. Non in questo modo, non con questi mezzi.

A Obama e alla conventicola di furfanti spiritati che lo fa ballare dai fili non basta mascherare e diluire nel tempo una sconfitta epocale (che comunque ha fruttato ai suoi burattinai nel Pentagono e nelle multinazionali, qualcosa come 400 miliardi di dollari sottratti ai cittadini). A questi, come a Israele, occorre una nuova guerra. Obama non ne vedrà l’esito, come non vedrà quello afghano, pakistan, iracheno, come neanche Bush l’ha visto. Fra due anni è fuori. Forse per allora l’Iran non si sarà rivelato un’altra catastrofe totale (anzi, ai saprofiti dell’economia di guerra avrà colmato nuovi forzieri). Ma di sicuro Obama non potrà andare alla rielezione puntandosi sul petto almeno il nastrino di una vittoria, quella vittoria. La perseguirà, magari in termini nucleari, un suo successore alla Sarah Palin. Intanto, calcolano a Washington e a Tel Aviv, la crociata delle democrazie e della civiltà contro gli oscurantisti fanatici col turbante (“turbanti” li chiamano, umanisticamente rispettosi, gli inviati “Lettera 22” del “manifesto”), promossi con qualche attentato ben firmato a nuova fucina del terrorismo internazionale, avrà cementato una volta di più complici, vassalli e opinioni pubbliche mobilitate dal terrore.

Il capo dell’agenzia Usa addetta alla soppressione di persone, Stati e verità, Leon Panetta, sistemata la Colombia con l’insediamento alla presidenza colombiana dell’amico inventore dei locali squadroni della morte, Manuel Santos, ha detto due cose complementari. La prima è che da dieci anni non si hanno più notizie di Osama Bin Laden (e nessuno ha rilevato che con ciò ha ridicolizzato e annichilito una montagna di video e audio che ce lo rifilavano a sparare cazzate utili a Bush e Obama nei momenti di stanca del sostegno popolare). E ce lo sapevamo, come tutti gli addetti alla questione. Salvo i giornalisti anti-bavaglio e i loro sindacalisti. Lo spaventapasseri Cia era morto di diabete nel dicembre del 2001. La seconda: l’Iran è a due anni dall’approntamento della bomba atomica. Il significato dell’uscita doppia e simultanea è trasparente: molliamo l’Afghanistan, dato che quelli di “Al Qaida sono ormai appena una sessantina” (McChrystal) e non hanno più nemmeno Satana per loro capo, ma blocchiamo i preti con la bomba. Ne esce un Obama pacifista tra le macerie e le ecatombi di Iraq e Afghanistan, difensore dei lumi e dell’umanità di fronte a musulmani ottenebrati, in preda a delirio di riconquista moresca. E’ un deja vu ? Che fa. Ci si ricasca sempre, anche perché una bella spinta la danno le solite “sinistre”. Tant’è vero che sono da contare su un dito indice i giornalisti, di solito invisi al sindacato perché ne evidenziano i deragliamenti dalla libertà di stampa, che hanno sottolineato la clamorosa contraddizione di questo fuffarolo al cianuro, tra quanto afferma su una bomba persiana tra due anni e quanto la sua agenzia, poco tempo fa, sancì in un documentato rapporto: che cioè l’Iran aveva dismesso fin dal 2003 ogni progetto nucleare militare. Ma questo era prima che Israele e Usa tornassero ad artigli sottobraccio.

Ma c’è anche un Obama che deve sciogliere con un lavacro all’uranio e al fosforo la crosta di greggio che gli si è rovesciata addosso, spurgata dal buco che i suoi mallevadori hanno fatto nel fondo del Golfo del Messico. Il sangue della Terra va lavato col sangue degli uomini. Per eliminare dalla scena la più grande e significativa catastrofe ecologica, quella dalle conseguenze irrimediabili – e già il Grand Guignol della Crisi, i tagli alle condizioni di vita dei popoli, i mondiali di calcio, hanno fatto un bel lavoro in questo senso – ci vuole qualcosa di più impressionante ancora. Qualcosa che quanto meno terrorizzi e superi ogni altra preoccupazione.

Se non la guerra, la minaccia della guerra imminente, inesorabilmente nucleare. Una guerra che potrebbe, in modo più diretto delle cosiddette misure di austerità e di quelle di polizia che le accompagnano, porre davvero fine alla convivenza e alla sopravvivenza come ancora le conosciamo, o piuttosto come dobbiamo incominciare a ricordarle. Nel Golfo del Messico è successo qualcosa che potrebbe abbattere un Abraham Lincoln. Per mesi hanno occultato fatti, misfatti, colpe. Fiducioso nei suoi sponsor petroliferi, BP del complice britannico in testa, al punto di una totale obnubilazione, Obama la prima settimana di quest’emergenza, non solo degli Stati sud dell’Unione, ma del mondo, l’ha passata in vacanza alle Hawai. Fidava nelle bugie che gli spin-doctors, i manipolatori mediatici suoi e della BP, facevano circolare e nella militarizzazione del territorio con i gorilla delle solite compagnie private che impedivano a giornalisti e investigatori di avvicinarsi all’area. E’ stata una foto satellitare del National Geographic a rivelare la dimensione e la portata dell’emorragia: almeno 100mila barili al giorno, fatti passare finchè si è potuto, per 5mila. Poi si è passati agli “interventi”, bruciando nel processo altre due vite di operai, oltre alle 9 già disintegrate nello scoppio di un condotto per la cui valvola di sicurezza la BP non aveva voluto spendere un centesimo di quanto dà in dividendi oggi. Una pagliacciata dopo l’altra: campane, perforazioni laterali, bome, solventi tossici, roghi… Obama sa, la BP sa, sa l’uomo della BP, Ken Salazar, che fa il ministro degli interni e dirige il più corrotto ente statale Usa, quello delle attività minerarie, zeppo di lobbisti ed ex-dirigenti delle petrolifere. Sanno che a quell’emorragia dalla pancia della Terra non c’è rimedio tecnologico. Che quella ferita scavata dalla demenziale voracità degli avvelenatori del pianeta continuerà a sanguinare per anni, che, uccisi l’economia e gli ecosistemi del mare e costieri, la macchia lunga quanto non si potrà più calcolare e alta più di un chilometro seguirà le correnti e azzannerà la vita di continente in continente. La corrente del Golfo che determina le condizioni climatiche e quindi di vita dell’Atlantico lungo l’Europa fino all’Artico, trascinerà fin lì, fin qui, alle porte del Mediterraneo e oltre, l’infernale misciotto di greggio e di solventi chimici. In buona sostanza, si sta uccidendo il mare, con il mare tutto ciò che il mare tocca, la terra, l’aria. Un’aria nella quale si leveranno vapori mefitici che ne muteranno la composizione e il comportamento e che ricadranno su di noi. Insomma, è partito un effetto a catena che non si ha la minima possibilità, oggi, di fermare, ma che di sicuro cambierà molte cose. Tutte in termini di catastrofe.

Ecco perché l’Iran, ecco perché alla frenesia di stragi israeliana gli sta andando bene con gli Usa. Sempre che prima non capiti sottomano qualcuno dalla vittoria meno improbabile, che so, un Chavez, un Castro, un Morales, un Mugabe. Anche se la posta in gioco, credo, meriti un Iran. Intanto cosa fa il duo Scajola-Prestigiacomo, quello che si è affannato a negare ogni presenza di nave dei veleni nel mare calabrese, prima ancora che l’apposita nave attrezzata iniziasse la sua ricerca e dopo che un po’ di gente, che le aveva scoperte e denunciate, scomparisse, probabilmente nel calcestruzzo? Che fa? Prosegue con coerenza nella cura appassionata del mare e di chi ci vive dentro e attorno: 95 nuove concessioni di trivellazione per petrolio, 24 nel Mediterraneo, per un’estensione vasta come l’intero Abruzzo. Non ci facciamo mancare niente. Obama docet.
E ora leggetevi, a consolazione, Roberto Saviano, eroe.



Roberto Saviano 11 giugno alle ore 18.02 Segnala


sostenere che Israele "è pronto a rendere impossibile la vita di un milione e mezzo di innocenti nella striscia di Gaza pur di ottenere la liberazione di un unico soldato tenuto prigioniero" per me non sarebbe illegittimo. Se così stessero le cose. Invece, guarda un po', è una cazzata: Ghilad Shalit è stato rapito il 25 giugno 2006 e l'embargo è stato varato dopo che Israele ha dichiarato Gaza "entità nemica" dopo che Hamas ha preso il potere a Gaza espellendo Fatah nel giugno 2007. Nello stesso momento l'embargo è statao annunciato anche dall'Egitto.

Ciò significa anche che l'embargo non è stato applicato nemmeno dopo la vittoria di Hamas alle elezioni nel gennaio 2006 (altra cazzata che si legge). Tutto questo come politica della mano tesa di Israele verso Abu Mazen e nonostante Hamas non abbia rinunciato alla sua carta fondativa.

L'islam radicale è marcio. non può essere che estirpato. Gaza è assediata dagli arabi semmai. L'Egitto ha edificato un muro per difendersi dagli estremisti di Hamas. Al fatah (il partito di Arafat corrotto sin nel midollo ma con un principio democratico) è stato espulso da Gaza.

Nel merito: appunto, a Gaza non c'è crisi umanitaria, chi lo sostiene non conosce i dati e ignora il fatto che a) Israele fa passare aiuti tramite i valichi di terra, b) Hamas si impossessa degli aiuti come denunciato da Ong, c) l'Egitto, la grande sorella araba, fino al 1 giugno non faceva passare nessun aiuto e sta costruendo un muro al confine con Rafah. Ora hanno aperto momentaneamente perché hanno paura, giustamente, di essere identificati con il nemico israeliano. Non solo, ma l'altro ieri gli egizi hanno bloccato un convoglio "umanitario" dei fratelli mussulmani diretto a Gaza dopo l'apertura del valico, chissà come mai.

Sul punto che sollevi riguardo all'efficacia dell'embargo (non "assedio" attento alla terminologia dio), ti rimando a questa cosa sotto che ho scritto proprio su questo tema in uno dei tanti dibattiti di questi giorni. Il punto è che sono tutti buoni a fare questa critica, ma tra quelli che l'hanno posta, non ce n'è uno che abbia proposto una soluzione alternativa. Il dramma è veramente grande, Israele non ha nessun interesse nella striscia di Gaza, e quindi il fatto stesso di doversene occupare è una tragedia.

Cerca di essere aperta. la roba che gira nei siti di sinistra è vergognosa, come le balle che raccontavano sull'est comunista. I comunisti non cambiano mai.
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A Saviano, ma anche alle organizzazioni dei giornalisti che tanto clamoreggiano contro bavagli, censure e disinformazione, presentiamo questo biglietto da visita dello Stato d’Israele:

- vanta il primato mondiale dei centri abitati distrutti ed etnicamente puliti (550)
- vanta il primato mondiale degli alloggi demoliti (oltre 6000)
- vanta il primato mondiale delle condanne ONU (oltre 500) e dei veto Usa in sua difesa (100 e passa)
- Israele ha ucciso più civili innocenti in proporzione al totale della popolazione di qualsiasi altro paese (più di 50.000)
- Israele ha sequestrato e imprigionato più civili in proporzione alla popolazione di qualsiasi altro paese (più di 400.000)
- Israele ha reso invalidi più civili, in proporzione alla popolazione, di qualsiasi altro paese
(oltre 50.000)
- Israele ha ferito più civili innocenti in proporzione alla popolazione globale di qualsiasi altro paese (oltre 200.000)
- Israele è il solo paese al mondo che nega il diritto al ritorno dei profughi
- Israele è l’unico paese al mondo che occupa un paese intero e parti di altri paesi
- Israele è l’unico paese al mondo che ruba tutta l’acqua ai suoi vicini
- Israele è l’unico paese al mondo che sradica alberi e distrugge case a titolo di punizione collettiva
- Israele è l’unico paese al mondo che ha legalizzato l’assassinio
- Israele è l’unico paese che costruisce colonie su territori occupati
- Secondo il Guinness, Israele ha dichiarato il più alto numero di coprifuoco della storia e ha installato il più alto numero di posti di blocco del mondo
- Insieme agli Usa, Israele è il solo paese ad aver costruito un muro di segregazione
- Insieme al Sudafrica del passato, Israele è il solo paese a praticare l’apartheid
- Israele è l’unico paese i cui partiti perseguono apertamente la pulizia etnica della popolazione autoctona
- Israele è l’unico paese al mondo che imprigiona bambini per motivi politici
- Israele………

Alla Sapienza, il 17 giugno scorso, hanno appassionatamente conversato di ideologia neofascista di ritorno e di razzismo, protagonisti della comunità ebraica italiana come Tullia Zevi, Gad Lerner, Luciano Eusebi. C’era pure il vecchio amico di Israele e di ogni causa ambigua ma di poco rischio, Pietro Ingrao. Hanno invitato con forza la politica a misurarsi con questi problemi. Quali? Gli immigrati in Italia e… l’antisemitismo.

giovedì 24 giugno 2010

HONDURAS E MONDO UN ANNO DOPO



Non illuderti che la tua avanzata possa riuscire schiacciando gli altri.
(Marco Tullio Cicerone)

Siamo la razza dominante nel mondo… Non rinunceremo alla missione della nostra razza, fiduciaria per volere di Dio, della civilizzazione del mondo. Ci ha scelto come suo popolo eletto… Ci ha resi capaci di governare e di gestire il governo di popoli selvaggi e senili.
(Senatore Usa Alfred Beveridge)

Michael Jackson un anno dopo: servizi su tutte le televisioni del mondo, veglie nelle grandi città, raduni, celebrazioni di associazioni di fan, paginoni di giornali e riviste, concerti a profusione dai borghi alle metropoli, fiere di gadget e souvenir. L'uomo, ottimo ballerino e musicista originale, è un' icona buona per tutti: ha dato vita alla perversa e affannosa ricerca dell'eterna giovinezza, espressione di un' immaturità funzionale agli interessi di governanti e mercanti, e ha umiliato e offeso la sua identità di nero pervertendosi in finto e orrido biancastro, chirurgicamente ricostruito a immagine e somiglianza dei padroni. Un razzista all'incontrario amato dal potere e dai suoi utili idioti. Da celebrare.

Gilat Shalit, quattro anni dopo: vigilie e fiaccolate da destra a sinistra, il sindaco Alemanno, la governatrice Polverini e il ministro Ronchi, tutti post- e neo-fascisti, spengono le luci del Colosseo. Il soldato israeliano delle forze di occupazione e distruzione dello Stato neonazista è
stato fatto prigioniero - "sequestrato" per utili idioti ("manifesto") e amici del giaguaro - dai combattenti della sopravvivenza palestinese. Va onorato perchè simbolo della sopraffazione, del razzismo, della pulizia etnica, della determinazione a eliminare dalla faccia della terra deboli, disturbatori e liberi; perchè esalta il principio berlusconide, cattolico, massonico e obamiano, della giustizia capitalista a due pesi e due misure.


Così elimina dalla scena e dalla coscienza 11mila cittadini palestinesi, resistenti armati o civili, donne e bambini rastrellati a casaccio dalla Gestapo sionista, sequestrati, questi sì, nella loro terra rubata, tenuti in catene senza processo, sistematicamente torturati, insomma destinati alla cura che gli aguzzini d'Occidente, dai cavernicoli di Genova-G8, agli assassini di Cucchi e Aldovrandi, all'Obama del Patriot Act, dei droni, dei generali peggio di Himmler e di Guantanamo, vogliono impartire all'umanità intera.

Honduras, un anno dopo. Honduras che? Silenzio di tomba dall'estrema destra all' "estrema sinistra". Tomba della propria vergogna e del loro valore.


Siamo al primo anniversario del colpo di Stato organizzato dall' (ex?)icona della sinistra, Obama, in Honduras e attuato da una minuscola cricca composta dall'oligarchia delle famigerate dodici famiglie e dall'esercito di gorilla addestrato nella Scuola delle Americhe. E non ne parla più nessuno, semmai qualcuno, al di là di poche voci non omologate, ne abbia mai parlato. In Honduras siamo ai circa 500 assassinati o spariti, a 9 giornalisti ammazzati solo nel 2010. In Colombia s è scoperta una fossa comune con 2000 vittime dei paramilitari e narcotrafficanti che esprimono il regime di Uribe e, adesso, del suo clone Santos. Oltre duemila sono i sindacalisti uccisi dai medesimi criminali, ogni giorno si scopre un contadino sventrato e poi travestito da guerrigliero. Nella Guantanamo obamiana ancora 200 sequestrati sono privati di avvocati, processi, perfino imputazioni, ma non gli si fa mancare la tortura quotidiana. I sequestrati obamiani di Bagram, Afghanistan, rappresentano una Guantanamo all'ennesima potenza. E continuano, per licenza di Obama, i rapimenti e le extraordinary renditions verso le capitali delle sevizie. Perchè la presunta mente dell'11 settembre, Khaled Sheikh Mohammed, si addossasse un attentato Mossad-Cia-Pentagono lo si è sottoposto a 183 waterboarding. Facile il risultato, no? In Canada prosegue e si incrementa il genocidio dei popoli autoctoni per far posto a miniere, petrolieri e disboscatori. Eppure qui tutti, anime belle dei diritti umani comprese, non fanno che strapparsi le vesti sul primo suicidio in carcere dal 1959 di un delinquente cubano condannato per reati comuni. Da noi i detenuti suicidi da gennaio sono una trentina. Amnesty International denuncia 59 detenuti politici a Cuba, però processati rigorosamente a termini di legge internazionale, vezzeggiati come dissidenti e intellettuali dalle solite animelle che trasvolano leggere su quanto è aggiunto in fondo al rapporto, in caratteri piccoli, che, già, si tratta di gente che prendeva stipendi e istruzioni dal nemico mortale per buttare all'aria il proprio paese.

La tragedia del popolo honduregno, nei secoli materasso di ogni nequizia colonialista, terrorista e bellica statunitense, nonchè la sua inedita, inattesa, fenomenale resistenza di massa, sono state archiviate negli scaffali dell'opportunismo e della complicità delle cosiddette democrazie occidentali, supportate dall'ideologia delle compatibilità delle sinistre planetarie. Perfino l'alleanza progressista e rivoluzionaria ALBA dell'America Latina non ha saputo andare molto oltre le condanne rituali e il non-riconoscimento del regime fascistizzante di Pepe Lobo scaturito da elezioni-farsa in perfetta continuità con il colpo di Stato. L'Honduras, le nefandezze del regime, la combattività del suo popolo, pagata con uno stillicidio ininterrotto di assassinii sotto la direzione dei collaudati arnesi del terrorismo yankee e mafiocubano come John Negroponte, Otto Reich, Jimmy Joya, con la liquidazione di ogni libertà d'espressione, con l'attacco ai contadini spodestati e senza terra, con la cancellazione di tutte le misure di emancipazione, sovranità, giustizia sociale, adottate dal presidente spodestato, Manuel Zelaya, è stato sommerso da altri clamori, più condivisibili dalle sinistre e più funzionali all'affermazione del terrorismo degli Stati imperialisti: campagne di diffamazione contro ogni ostacolo al progetto capitalista di dittatura mondiale, Cuba, Venezuela, le FARC colombiane, Iran, Myanmar, il mondo islamico in toto, lo Zimbabwe non piegato dalle sanzioni genocide (care al propagandista Mossad nel Manifesto, Marina Forti), le resistenze irachena e afghano-pakistana etichettate con il logo Cia "Al Qaida"...


Qui sotto trovate un appello del Fronte Nazionale della Resistenza Popolare, trodotto da una compagna italiana che con quella resistenza ha condiviso, fin dal primo giorno, la repressione, i lutti, la lotta. Parla, questo appello, di come i popoli del mondo si sarebbero schierati accanto alla Resistenza e ne auspica la partecipazione anche in questo che è forse il momento più difficile, vista la ferocia crescente della repressione e la mancanza di prospettive immediate di rovesciamento dei rapporti di forza. Il fatto è che l'opposizione al fascismo interno e all'espansionismo imperialista yankee e la solidarietà con la Resistenza honduregna sono più pii auspici che realtà effettive. Si dovrebbe piuttosto denunciare la viltà e l'indifferenza che hanno contrassegnato sia la conclamata opinione democratica ed antifascista, sia il localismo provinciale e autoreferenziale di chi, dicendosi di sinistra, insiste a curare il proprio ombelico, a fissarsi sull'albero più vicino, senza percepirne l'essenza di arto di un organismo unico che si chiama foresta. Prezzo pagato da fasulle avanguardie al tradimento dell'internazionalismo, proprio nell'epoca in cui il capitale si globalizza e fa di tutta l'erba proletaria un fascio da bruciare negli ultimi fuochi della sua feroce agonia.

E' il segno della perdita di una visione strategica che nessun arrabattarsi attorno alla difesa di capisaldi locali riesce a recuperare. Si prova a sollevarsi tardivamente contro la liquidazione di ogni diritto alla dignità e alla vita operata da una cosca che, quella sì, sa muoversi localmente all'interno di una prassi globale di sociocidio che, qui, si articola nella riduzione biopolitica in schiavitù della forza lavoro e, là, rade al suolo paesi e popoli. E seppure qualcuno, vedi Guido Viale sul "manifesto", prova ad allargare il discorso in controffensiva generale sul come e cosa produrre, proponendo una strategia complessiva di riconversione delle produzioni ottusamente obsolete e devastanti, come l'auto o le armi, poi riconduce tutto alla cosidetta "green economy" dell'astuto Al Gore, che cambierebbe, sì, il cosa, ma per niente il come: verniciata verde allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sulla natura.

Non ci si precipita a unirsi agli operai Fiat polacchi, impiccati quanto quelli italiani o serbi a un tira e molla del cappio che, stretto o largo, resta avvolto al collo. La vicenda dei lavoratori della mente costretti in un destino di foglie secche al vento, senza rinascita mai, che a malapena per numero di vittime, differisce da quello dei coltivatori di cotone in Alabama, non viene unita a quella dei contadini honduregni, servi della gleba, condannati a raspare la gomma dalle monoculture delle stesse multinazionali, o a bruciarsi il fegato nelle fogne tossiche della Monsanto o della Chiquita.

E, per dirla tutta, ci si spende, sicuramente benemeriti e a denuncia di uno Stato nazisionista ormai del tutto nudo e dunque fortemente indebolito, a portare soccorsi ai morituri di Gaza, rischiando alla fine di fare il lavoro della Caritas per poveri, derelitti, incarcerati. Perchè nel contempo molti restano muti, ciechi e sordi agli orrori analoghi di tutta una Palestina espropriata e massacrata da un nazismo che non ha proprio più nulla da invidiare a quello che, a supporto dei nostri strabismi antifascisti, ci viene riproposto a strafottere dagli storici Rai. Ignorando ormai definitivamente anche quella Gaza da 25 milioni (meno cinque ammazzati o dispersi) che è l'Iraq, culla di ogni civiltà, già punta avanzata nel Sud del mondo di conquiste e resistenze umane, oggi espressione massima della nequizia delle buone famiglie bianche, cristiane, democratiche: un olocausto che dura da sette anni e batte per qualità e quantità quello del quale ogni genocida in atto si fa scudo. A monte della Auschwitz di Gaza c'è qualcosa di primario che è la negazione di statualità sulla propria terra, dei diritti politici, civili, umani, di tutto un popolo, criminalmente soffocato in ogni suo anelito di vita e di futuro con il sostegno di una dirigenza corrotta e venduta, repressiva quanto e più dell'occupante israeliano e che troppi ancora degnano del ruolo di interlocutore per un superamento della tragedia palestinese. A monte c'è l'Everest di menzogne e inganni per il quale lo Stato dell'aggressione e del genocidio si fa vittima e occulta la colossale aberrazione del diritto che rappresenta la sua costituzione in Stato, nascosta sotto il parere consultivo di una commissione ONU e poi ribadita dall'Assemblea Generale, ma mai dal Consiglio di Sicurezza e perciò priva di ogni base legale. All'atto della partizione fuorilegge, gli arabi di Palestina possedevano il 92% della terra contro l'8% ebraico ed erano la maggioranza dei due terzi. Ricevettero il 22% del loro paese. Non metterlo in evidenza a ogni passo che si muove verso Gaza, significa anche rassodare la spaccatura in due entità incomunicanti del popolo palestinese, fomentata da Israele e coltivata per abietti interessi di bottega dai collaborazionisti del'ANP.

Al popolo honduregno mi pare sia stata fatta perdere, da una direzione pur indomita ed evoluta, la grande occasione che invece ho visto cogliere dai boliviani, venezuelani, ecuadoriani. La rivolta di massa contro il potere abusivo, il suo assedio a tempo indeterminato, oltrettuto nel momento della sua massima debolezza determinata da un isolamento internazionale più o meno sincero, ma grande opportunità per uno sciopero generale che bloccasse capitale e paese e non facesse più funzionare l'apparato economico e politico dei golpisti. Sarebbe costato molti più morti, probabilmente, perchè il fascismo con alle spalle gli strateghi e le multinazionali Usa, dà colpi di coda spaventosi quando minacciato di fallimento. E un pacifismo d'importazione, non innocente all'origine, non voleva accettare vittime, nè proprie, nè altrui. La prime sono venute comunque, senza però che il nemico pagasse alcun prezzo. Ma quella rivolta, tra l'altro propugnata dagli studenti e da altri settori, avrebbe anche impedito alla cosidetta "comunità internazionale" di voltare le spalle e attendere che un'elezione, pur tenuta sotto le baionette e pur disertata dal 70% della popolazione, rimettesse le cose al suo posto "democratico".

Chi sono io per suggerire linee d'azione? Assolutamente nessuno. Ma così hanno fatto e vinto i popoli latinoamericani che si sono voluti dare una prospettiva di rottura rivoluzionaria. La stessa che si pone in termini specifici la dirigenza del Fronte Nazionale della Resistenza Popolare con il rifiuto di accettare lo status quo e la sua lotta per la nuova Costituente. Se la pone però con un obiettivo di medio termine: arrivare, organizzando, mobilitando e crescendo in tutto il paese, alla scadenza elettorale del 2013. E' da vedere se una repressione scientificamente organizzata dai più esperti della materia del mondo, gli israeliani, con il suo stillicidio di assassinii, provocazioni, intimidazioni, eliminazione delle voci mediatiche disobbedienti, consenta di mantenere quel potenziale di vittoria che, al momento del golpe, vedeva l'80% della popolazione schierata contro i gorilla. E ancora di più è da vedere se sotto un regime di licantropi al guinzaglio dei poteri imperiali siano ancora possibili elezioni regolari. Messico, Colombia, Afghanistan, Iraq, gli stessi Usa del doppio Bush, dicono di no. Resta vero quanto altri, secoli fa, constatavano: il potere dei pochi non rinuncia pacificamente.

La caduta dell'Honduras, che nello spazio caraibico-centroamericano, si affiancava agli avamposti di un'America Latina liberata, Cuba, Nicaragua, le forze progressiste di Salvador e Guatemala, è stato più di un segnale d'avvertimento lanciato dal capitalismo revanscista del Nord del mondo. E' stata l'esplicito inizio di una controffensiva degli Usa di Obama tesa a recuperare, destabilizzando e stroncando, prima mediaticamente, poi militarmente e con "rivoluzioni colorate", l'enorme spazio sottratto da nuove, grandi masse. Masse politicamente tanto possenti e ideologicamente mature da esprimere governi che, quale più, quale meno socialmente adeguato, hanno tutti saputo rispondere all'imperativo primo dei nuovi tempi: l'antimperialismo, la riappropriazione delle risorse nazionali, la riconquista della sovranità, la configurazione di nuovi fronti planetari di contrasto all'occidente imperialista. Non è poco, è tantissimo per l'intera umanità fuori da quell'8% che si autoproclama "comunità internazionale". Ne deriva una necessità politica, un obbligo morale, un'opportuntà strategica, per restare accanto all'Honduras. Non solo per non accettare che quei 6 milioni di eterni oppressi e sfruttati, ora insorti, tornino a essere sudditi delle Repubbliche delle banane, spunto di irrisione e filmetti del "venerando maestro" di stronzate manhattiane, Woody Allen. Ma per impedire che la miccia accesa dai congiurati statunitensi e locali in Honduras si allunghi e arrivi a incenerire il grande giardino della forza e della speranza fiorito nel continente del futuro. Per il Nicaragua, per Cuba, per i popoli nativi, per il Messico, la Bolivia, l'Argentina, il Perù, i resistenti della Colombia, si sono costituite organizzazioni che hanno operato negli anni per rompere il silenzio in cui manovrano gli operatori degli Stati Canaglia e i loro scagnozzi locali, per denunciarne i delitti, per contrastare campagne di menzogna e calunnia, per offrire solidarietà materiale, culturale, politica. Possibile che anche tra costoro regni una miope monotematicità che non fa percepire e affrontare quelle regioni nella loro unità geopolitica, sostanziale e ideale? Unità perfettamente presente alle strategie imperialiste.

In Polonia, Romania, Serbia, in tutta l'area riconquistata alle mafie ufficiali e ufficiose del capitalismo, i predoni ce l'hanno fatta. Grazie alla fame nera guadagnata con la democrazia di mercato dagli operai polacchi, si possono permettere di ridurre in schiavitù gli operai italiani, già coccolati e tosto traditi dal "più grande partito comunista d'Occidente" e dai naturali epigoni della sua logica delle compatibilità. Lasciate fare agli Usa, ai vampiracci locali, in Honduras, tappatevi le orecchie al calpestìo degli stivali della nuova Wehrmacht in avanzata su suolo latinoamericano, e presto avrete altro che operai polacchi o rumeni pronti a essere utilizzati da Marchionne e predatori affini per tirare il collo a Pomigliano. Quanti milioni sono stati frantumati dalle miniere latinoamericane quando a tenere in mano la frusta erano i bianchi cristiani? Quelle miniere sono servite come modello alle filande di Manchester e alla Fiat di Valletta. Con quelle ossa hanno costruito il capitalismo. Finchè nel 1917 qualcuno non ci ha messo una zeppa. Ora ci riprovano. E noi vogliamo chiuderci a Pomigliano, mettendo ghirlande sul capo degli ultimi dei mohicani, quando nel mondo di mohicani ce ne sono milioni. A partire da quelli honduregni.



Appello Internazionale

Ad una settimana dal 1° Anniversario della Resistenza, uniamoci al

Cammino della Rifondazione dell’Honduras

Il Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (FNRP) rappresenta gli interessi di tutto un popolo, che persiste nella lotta contro l'attuale regime repressivo mascherato da democrazia. La Resistenza cresce quotidianamente e si estende attraverso tutto il territorio nazionale, coordinando le diverse agende politiche e sociali in un solo progetto unitario, col quale si è cominciato ad erigere i pilastri su cui si costruirà una nuova società in Honduras.

Dopo colpo di stato del 28 giugno 2009 è crollato il già indebolito Stato di Diritto, ed il piccolo gruppo imprenditoriale che aveva sequestrato il legittimo presidente delle e degli honduregni si è mantenuto al potere grazie alla violenza delle forze repressive (Polizia Nazionale e Forze Armate dell’Honduras), assassinando, pestando, catturando, violentando ed obbligando all'esilio centinaia di honduregni ed honduregne. I “golpisti” che destituirono Manuel Zelaya Rosales, sono gli stessi che ora esibiscono Porfirio Lobo, come fantoccio, per continuare a consolidare il loro regime di violenza.

Ciò che i criminali non s’aspettavano è l'enorme coraggio del popolo honduregno, che ora è deciso a lottare fino alla fine. La Resistenza si fonda sulla costruzione del Potere Popolare dalla base e sulla partecipazione diretta di tutti i settori, alla costruzione di una proposta politica che dia risposte alla grave crisi che vive il paese.

Andiamo verso la Costituente per creare l’ambito legale che ci permetta, come popolo organizzato, di riprendere il destino della nostra patria e strapparla dalle mani meschine del piccolo gruppo che mantiene il governo in stato di sequestro.

I popoli del mondo hanno seguito da vicino la nascita della resistenza ed il suo consolidamento. Ora siamo ad una nuova dimostrazione di forza con la presentazione di oltre un milione di Dichiarazioni Sovrane, con cui, come cittadine e cittadini, ignoriamo questo governo illegale e privo di legittimità ed invitiamo la popolazione a convocare una nuova Assemblea Nazionale Costituente.

Questo 28 giugno compiamo il nostro primo anniversario come Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (FNRP), ma non lo facciamo ricordando l'assalto alla democrazia da parte dei golpisti, al contrario celebreremo la nascita della vera democrazia popolare, che ha iniziato il suo percorso verso la rifondazione dello Stato e la costruzione di un futuro giusto, paritariamente, per tutti e tutte.

La Resistenza honduregna invita tutti i popoli del mondo a prender parte a questo progetto rifondatore e rivoluzionario, a seguirlo da vicino e ad unirsi alla celebrazione del primo anno di cammino verso la vittoria

V’invitiamo a visitare la nostra pagina ufficiale: www.resistenciahonduras.net per conoscere da vicino le distinte attività che si svolgeranno, scaricare i vari documenti ufficiali e informativi, fare voi stessi una convocazione in questa data di resistenza, che non è solo nostra, ma di tutti i popoli del mondo in lotta.

Il Fronte Nazionale di Resistenza invita tutte le persone, organizzazioni o gruppi di compagni e compagne solidali col popolo dell’Honduras, ad accompagnarci con attività politiche di pressione contro il regime.

Questo 28 giugno nessuna voce rimarrà inascoltata ed ogni presidio, corteo, comunicato, forum o riunione a sostegno di noi honduregni ed honduregne, che invaderemo in massa le strade, si sommerà alla forza che oggi sta costruendo nel nostro territorio il vero Potere Popolare.

Ringraziamo in anticipo per tutte le azioni che svolgerete, e vi offriamo i nostri contatti per stringere legami e permettere a tutto il popolo honduregno di sapere che non siamo soli né sole, che tutto il mondo lotta con l’Honduras in questa trincea di giustizia e dignità.

Un abbraccio solidale in Resistenza, Compagne e Compagni internazionalisti.

Commissione Internazionale (CI) - Fronte Nazionale di Resistenza Popolare

ci_coordinacion@resistenciahonduras.net

Honduras, Centro America

Contatti:

Betty Matamoros, Coordinatrice CI: bmflores2009@yahoo.com

Dirian Pereira: dirianbeatrizpereira@yahoo.com

Gerardo Torres: unita1984@hotmail.com




lunedì 21 giugno 2010

VIVA MARADONA E I SUOI ! Ma occhio ai nazisionisti.

Essere ignoranti di quanto è accaduto prima di nascere significa vivere per sempre una vita da bambino.
(Marco Tuttlio Cicerone)

La libertà è stata perseguitata in tutto il mondo; la ragione è stata considerata una ribellione; e la schiavitù della paura ha reso gli uomini timorosi di pensare. Ma tale è l'irresistibile natura della verità che tutto ciò che chiede, tutto ciò che vuole è la libertà di apparire.
(Thomas Paine "I Diritti dell'uomo", 1791)

Come si può vedere da questa fotografia, pubblicata da nessun giornale al mondo, non sono uscito matto e sprofondato, al pari di tanti connazionali proni alla turlupinatura, in quella cloaca di truffe, pastette, stronzaggini, esibizionismi insulsi, personaggi al di sotto di ogni decenza, addirittura di ogni vera competenza nel più bello sport del mondo, che sono i mondiali di quel tanto disgraziato quanto mistificato paese che è il Sudafrica.


Sapete citarmi un'altra immagine che, come questa del gesto coraggioso dei giocatori argentini, indubbiamente formatisi alla scuola dell' irregolare Diego, amico di Fidel e Hugo e fan del Che, sollevi il livello dei mondiali africani da quota sotto i talloni perfino dei paguri a quello delle corna della giraffa? Un livello che simboleggi quello che dovrebbe essere un confronto mondiale di sportivi, uomini, persone, popoli, secondo le regole dell'onestà, del rispetto, dell'amicizia, della competizione solidale?


Diversamente da quasi tutti gli altri, i calciatori di Maradona, volendo innalzare al massimo della visibilità planetaria, peraltro subito sabotata da tutti i media, la proposta del Nobel della pace finalmente a un candidato degno come le immarcescibili Madres de Plaza de Mayo (un'alternativa tonante agli obbrobri Kissinger, Begin, Sadat, Aung San Suu Kyi, Dalai Lama, Obama su tutti, o alle toppate alla Rigoberta Manchu), hanno fatto fiorire una giunchiglia nella maleodorante palude di questa manifestazione. Hanno ripetuto il gesto di Tommy Smith e John Carlos alle Olimpiadi nello Stato Canaglia del Messico. Stato-mafia, non dissimile da quello del fascismo postmoderno del nostro guitto mannaro, che aveva appena finito di massacrare migliaia di studenti in Piazza delle Tre Culture al fine di blindare, in un paese incandescente di rabbia e rivolta, la tirannia di un'oligarchia bulimica, venduta alle altrettanto fameliche multinazionali Usa. Chi si ricorda più, tranne tra i microcefali della stampa sportiva, degli esiti e dei protagonisti di quella kermesse rubata, in chiave di mercato, lucro e aggiotaggio, come tutte le altre nel lupanare capitalista, agli uomini-dei e agli dei-uomini dell'Olimpo? Rimangono indelebili, invece, i due pugni neri sopra le teste nere, in onore e a conferma di una rivolta di nere e meno nere pantere, che gli scagnozzi dell'Impero del Male seppero, sì, a forza di assassinii e montature, affogare nel sangue e seppellire dietro le sbarre, ma che basta uno striscione per le madres a far rimbalzare tra le sinapsi addette alla memoria e trasformare il giallo di vecchie foto nel rosso del tutto è ancora possibile.


I pugni del Messico e lo striscione di Maradona ci parlano di segni immortali. Segni dell' essere umano come dovrebbe e potrebbe essere, come davvero è e come vincerà sul modello bifronte del bruto al comando e dello schiavo a servizio, che questo putrefatto capitalismo vorrebbe imporre tra Pomigliano, Abu Ghraib e Gerusalemme. Rivincite della memoria, condizione e promessa di vittorie possibili, in un presente dove la memoria è una bancarella dell'usato, da svendere fino a esaurimento.


Mi viene in mente, a caso, ma so io perchè, Goffredo Mameli, ectoplasma che nessuno conosce, ma che secondo frettolosi paragrafetti dei manuali delle medie parrebbe l'autore di quanto mercenari mutandati, ignari e ottusi, sbraitano con la mano massonicamente sul cuore. Sbraitano in vista di un compenso da calci e scalciate per il quale uno di Pomigliano dovrebbe farsi sodomizzare da un coglione zannuto come Marchionne per tredicimila turni senza domeniche e senza malattia. L'abisso tracciato tra uomini e mercenari da quello striscione argentino! E' l'abisso che si estende sconfinato tra attiva consapevolezza e inerte inconsapevolezza. Se al posto di quel ominicchio dalla stupida spocchia dalemiana, da anni con le mani nella marmellata, che recita la parte dell'allenatore della nazionale italiana, ci fosse Diego Maradona, forse quegli undici ciangiottanti che friniscono l'inno saprebbero cosa dicono, chi glie lo ha fatto dire e perchè.


Aveva vent'anni, Mameli, e aveva già scritto di libertà, uguaglianza, repubblica, fine dei feudi e baroni e fuori lo straniero, più di quanto uno di noi scriva di comunismo in una vita. Cadde, sapendolo benissimo, nella difesa della Repubblica Romana contro il Male Assoluto della Chiesa, lo straniero colonialista, il pecoraio puttaniere sabaudo, le putrescenti parrucche borboniche.Una cosa da leccarsi i baffi se si pensa che la Comune, avendo dietro Marx e Engels, venne vent'anni dopo. Nel nostro tempo, Mameli sarebbe stato un partigiano, un sessantottino, un combattente contro la Nato, uno davanti ai cancelli di Pomigliano. Niente, lo abbiamo offerto gratis, come Garibaldi, Mazzini, Morosini, i fratelli Bandiera, quelli che ci hanno filiato tutti, ai fascisti e al loro uso di patrioti da commedia degli equivoci e di autentici servi di ogni padrone.


Ma, in quell'ambiente, Maradona e i suoi ci hanno fatto allungare il pensiero a territori più vasti, oltre il mercimonio dei gabbamondo alla Blatter, Abete, Carraro, Platini, Lippi... Le Madri di Plaza de Mayo hanno dipanato un filo che, dai tempi dei carnefici a quelli dei vendipatria alla Menem, ha avvolto, imprigionato e alla fine strozzato gli assassini dei loro figli e oggi continua ad attorcigliarsi intorno allo stivale di chi insiste a calpestare la carne e lo spirito degli umani. Il grido che si esprime in quel voto per un Nobel alle combattenti per la giustizia, straccia anche i veli rosati sotto cui l'arma mediatica di distrazione di massa ha voluto nascondere la realtà di una promessa tradita. La fine dell'apartheid. Fine un bel cazzo! A dispetto dell'icona dai perenni sorrisi obnubilanti di un Nelson Mandela (cosa avrà mai da ridere?), che per il Sudafrica ha fatto ciò che Ghandi ha fatto per l'India: il rilancio aggiornato, travestito da pacifismo, del discrimine di razza, di casta e di classe, uno strapuntino alla megatavola del mercato capitalista. Il caravanserraglio dei ciarlatani mediatici, fatto un fugace excursus di colore umanitario, quando non c'era più niente da spremere dalle esternazioni di Buffon, su qualche piccola risacca dell'oceano nero di miseria, disperazione, ingiustizia, collera, razzismo bianco tuttora al potere in combine con quattro satrapi neri di stampo Karzai o Al Maliki, ha allontanato ogni rischio di constatazione della realtà effettiva. Ci ha inchiodato a uno spettacolo grandiosamente squallido, degno delle competizioni di "Amici", da trasformare in trance collettiva, anche con l'aiuto di quella colossale rottura di timpani e coglioni che sono i wuwuzele.

Wuwuzele e bagole di cronisti pallonari che, tra le altre molte cose, ci hanno assordato anche rispetto ai rombi delle 11 navi da guerra USraeliane, portaerei lanciamissili atomici compresa, che hanno attraversato Suez in direzione Golfo Persico per il compito fallito dalla "rivoluzione verde" e al fragore dei droni che continuano a sterminare bambini e donne dall'Afghanistan al Pakistan, dalla Somalia allo Yemen. A volte basta un'immagine, quella della squadra argentina, come già detto, o anche due immagini, per farci capire come va il mondo dei delinquenti e quello dei giusti: una nuva flottiglia, iraniana, di donne libanesi, di ebrei tedeschi, in rotta per Gaza, piena di cose d'amore e di vita; una flotta di energumeni israeliani e statunitensi con la bava del cane idrofobo alla bocca, in rotta verso l'Iran, zeppa di odio e di morte.

E allora lanciare nel mondo l'urlo di verità che si sprigiona dallo striscione argentino, ulteriore conferma che quanto di vita s'infiltra in questa notte dei morti viventi ci viene dall'America Latina, dovrebbe aiutarci anche a infrangere la muraglia dell'ottenebrazione, acusticamente simboleggiata dai wuwuzele, che ci sfonda di ansie, esaltazioni e sconforti per la miseria morale, politica e culturale di quei campionati immiseriti dai nostri vecchi ciabattoni e non per quello che, oggi formicolante negli slums, si raggrumerà inesorabilmente in futura rivolta e, se il cielo vuole, rivoluzione. Wuwuzele utili a rintronare un popolo tradito e beffato. Wuwuzele che non ti fanno neanche sentire lo schiocco del piede sul pallone, che è l'unica cosa autentica di tutto l'ambaradan.


Ciò detto, che la Coppa del Mondo vada all'Argentina. E a nessun altro.

Attenzione. il pezzo è frutto di un trappolone forse inconsapevolmente allestito da chi ha fatto circolare la foto qui sotto, della nazionale argentina con lo striscione per il Nobel alle Madri di Plaza de Mayo, senza ulteriore specifica, tanto da far credere a chiunque, compreso questo peracottaio, che, visto il casino pallonaro mondiale in cui siamo inseriti, di partita della Coppa del Mondo si trattasse.
E' invece la foto risale a un mese fa, quando in vista dei mondiali, l'Argentina si incontrava con il Canada. Errati dunque i miei riferimenti temporali, ma non quelli politici. Pezzo buono o cattivo che sia, la sostanza non cambia.

venerdì 18 giugno 2010

E NACQUE LA "GRANDE DEMOCRAZIA EUROPEA" TERRORISTA A CASA SUA




























1) John Kelly, fratello di un diciottenne ucciso nel Bloody Sunday, all’uscita dal municipio di Derry dove si è pronunciato il verdetto dell’Inchiesta Savile; 2) mia foto della marcia dei 20mila abitanti del ghetto repubblicano di Derry, il 30 gennaio 1972, Bloody Sunday; 3) mia foto dell’assalto dei parà del Primo Battaglione di Sua Maestà; 4) mia foto di Padre Daly che impartisce gli ultimi riti al primo caduto, 16 anni; 5 e 6) mie foto di assassinati di Bloody Sunday; 7) mia gigantografia riprodotta sulla facciata d’ingresso al ghetto; 8) i 14 uccisi; 9) John Kelly straccia l’inchiesta-farsa di Lord Widgery; 10) Gerry Adams, presidente del Sinn Fein e Martin McGuinness, suo vice, subito dopo la pubblicazione del verdetto; 11) Il popolo di Derry festeggia la vittoria.
Ci sono voluti 38 anni e un magistrato, per quanto reticente, fuori dalle regole dello Stato criptodittatoriale borghese per arrivare a una sentenza giusta sull’eccidio perpetrato dai militari britannici il 30 gennaio 1972 nel ghetto repubblicano di Derry. L’inchiesta, decisa da Tony Blair, sicuramente nella speranza che avrebbe fatto la fine indecente della prima commissione d’indagine, affidata allo scagnozzo di Westminster,$ lord Widgery, e che esonerò gli stragisti e i loro mandanti, era iniziata dieci anni fa. Ci avevo deposto due volte, come testimone oculare del massacro, unico giornalista presente insieme a Gilles Perez, fotografo francese, e avevo prodotto il materiale audiovisivo che, più di qualsiasi testimonianza o documento, inchiodò i responsabili al loro delitto. Il verdetto attribuisce ogni responsabilità ai militari inglesi del Primo Battaglione Parà, per aver sparato, assolutamente senza le provocazioni dell’Ira inventate nella prima indagine, a gente inerme e inoffensiva, quasi tutti ragazzi tra i 16 e i 21 anni. Quello che, non innocentemente, manca e rende l’inchiesta un esercizio monco, imposto dalle evidenze sul campo, è il riferimento a una qualsiasi autorità mandante. Logica, comportamenti e documenti dimostrano invece che assalto e strage non furono l’iniziativa di militari usciti di testa, ma un piano dettagliato elaborato dai vertici militari in Irlanda del Nord su mandato del governo britannico di Edward Heath.

Ora vedete la folla di Derry nella foto festeggiare un risultato che, prima che all’onestà degli investigatori (prevalsa sulla rimozione dolosa di ogni documento audiovisivo e perfino dei fucili da parte del comando britannico), è dovuto all’enorme, irriducibile forza dei cittadini del ghetto di Derry, di Creggan e della Bogside. Neanche per un giorno hanno desistito dall’impegno collettivo, accuratamente organizzato, di premere su chi di dovere con un’assillante campagna di denunce, di libri, di documenti, di film. Riuscirono, poche centinaia di persone, con però dietro tutta la loro gente, a fare del Bloody Sunday un caposaldo della consapevolezza e della coscienza internazionale, addirittura fino a Hollywood. Ora questa gente indomabile, che ha davanti a sé ancora altri obiettivi, come il riscatto dalla discriminazione sociale e politica e come, irrinunciabile, la riunificazione con la patria lacerata dal colonialista britannico e dai coloni unionisti, avanzerà con ancora maggiore forza la richiesta di un processo penale per sicari e mandanti.

Era stato, diciottenne ma già comandante dell’Ira di Derry, il Martin McGuinness, che vedete sorridere con Gerry Adams dopo la pronuncia della sentenza, a salvare capra e cavoli quella volta. Intelligentissimo, non era caduto nella quasi irresistibile trappola allestita dagli occupanti, che si auguravano una risposta di fuoco dell’Ira all’orribile carneficina per coprire la provocazione e spostare lo scontro nordirlandese dal piano del movimento di massa, di violenza limitata, a quello del confronto militare. Tra vecchi arnesi arrugginiti di precedenti campagne di liberazione e la potenza di fuoco e organizzativa del terzo esercito del mondo, Londra pensava di facilmente prevalere, ponendo fine a un’insurrezione nazionale e sociale ripartita cinque anni prima, ma maturata nei secoli. Sapeva, il mio amico e compagno Martin, che più letali per gli inglesi delle pallottole dell’Ira sarebbero stati i colpi inflitti alla loro manipolazione degli eventi da fotografie e registrazioni audio a sostegno dei testimoni. Le mie e quelle di Perez (il quale però sparì dalla scena e fece solo un tardivo uso commerciale del materiale). Tanto è vero che, intercettando la radio militare britannica, aveva udito l’ordine ai soldati sul posto di bloccare “con ogni mezzo” (significa: fino all’eliminazione) il fotogiornalista italiano che si aggirava sulla scena. E di sequestrargli ogni cosa.

Mi prese, Martin, e mi portò al sicuro in una casa sprofondata nel ventre di Bogside. Lì registrai il panico, la disperazione, la rabbia, dei congiunti e amici alla macabra grandine di morte che penetrava dalla porta, notizie come folate di gelo ogni pochi minuti. Lì i tagliagole della regina non avrebbero osato arrivare. Come erano stati banditi dal resto del ghetto, liberato da ogni presenza dell’occupante a forza di sassate e molotov di massa, proprio il giorno in cui mi insediai in una casa di Creggan, cronista povero ospitato da forti poveri, tre mesi prima. Ricordo come una festa di matrimonio le raffiche umane di una generazione di esclusi, giù per la collina, addosso a uniformati kaki in fuga precipitosa. Aria e umori da vittoria della Nazionale, o da cacciata di Lama dall’università. Nacque “Free Derry”, la Libera Comune di Derry, cui noi di Lotta Continua, sempre più avanti degli altri (qualcuno bofonchiava “ma so’ cattolici…”, Oggi bofonchia, so' integralisti islamici, so' Al Qaida...), dedicammo memorabili canzoni. Fu un tempo che sta alla Comune di Parigi come il mio bassotto Nando sta a Rex. Non male, questione solo di dimensioni. Il Golia sgambettato si propose la vendetta per il 30 gennaio.

In attesa che a notte fonda Martin e altri, con vertiginoso cambio di automobili e per lanuginose carrarecce di campagna, dribblando i posti di blocco, portassero me e il materiale in salvo nella vicinissima Repubblica, in quel rifugio condividevo lutti e collere incontenibili: il figlio, il fratello, il fidanzato, il padre, l’amico….Uno strazio che si sottrae alla capacità descrittiva del più immaginifico dei narratori, come tante volte più tardi, a Baghdad, a Ramallah, a Gaza, a Belgrado. Nel Tg BBC delle 18.00 apparve la faccia, militarmente tronfia e ottusa, del generale Ford, comandante delle truppe d’occupazione, quelle dell’internamento senza processo, poi maturato in Guantanamo e in pratiche israeliane, delle provocazioni dinamitarde, delle fucilazioni a freddo, della protervia capillare, della case devastate. Dichiarò, compunto, afflitto e tracotante, che i parà, comandati a difesa del corteo, nientemeno, avevano dovuto difendersi da una sparatoria dai tetti di presunti membri dell’IRA. Minimizzò il bilancio ad “alcuni feriti”, compresi inesistenti paracadutisti. Sdegno e attonimento come non li avevo mai provati e condivisi. E’ da quel furore di sdegno e sgomento per la verità colossale tramutata in colossale menzogna che trasse le origini, la forza, quella lotta dei cittadini di Derry che, 28 anni dopo, gli ha consentito di infliggere una sconfitta storica alla prima “democrazia europea” scaturita dal nazifascismo e determinata a completarne l’opera. Sconfitta che, dopo 31 anni, da noi non è stato ancora possibile impartire a operativi e mandanti di Piazza Fontana. Tanto che hanno potuto continuare la pratica, chiunque fossero le marionette nel palazzo di quel Grand Guignol che è la nostra, di democrazia.

Alla verità mutata in aborto deforme e venefico dal cinismo di classi dirigenti che si proponevano di migliorare le tecniche nazifasciste della lotta di classe, avevo già assistito un lustro prima, inviato in Palestina per la Guerra dei sei giorni. Vittimismo ontologico a copertura dello scambio persecutore-perseguitato finalizzato al genocidio. Così quel giorno a Derry: una masnada di cavernicoli armata, truccata da agnello sacrificale del “banditismo eversivo”, mandata a impartire una lezione di sangue e di morte a chi rischiava di disvelare la maltusiana strategia “democratica” di obliterazione dei deboli e dei superflui riottosi. Lo Stato imperialista del terrorismo aveva tentato il suo esame di laurea. Salvo che noi, precipitatici muso a terra a Dublino, potemmo far esplodere sulle ribattute dei quotidiani e nei primi notiziari di radio e televisione del mattino dopo, con le foto, le registrazioni, i racconti, il fetido bubbone della menzogna. Per un po’ tutto questo servì a perforare qua e là le muraglie di fango radioattivo elevate da un’informazione in procinto di trasformarsi da cane di guardia contro gli abusi del Potere in botolo a lui scodinzolante e ringhioso al resto.
Ma non ci volle molto perché i latrati di questo aberrazione di cane prevalessero e si tornasse a parlare di “terroristi” irlandesi. C’erano state Portella della Ginestra, Avola o Reggio Emilia da noi e chissà quali altre efferatezze di regime in giro per l’Europa, ma qui era stato recuperato in chiave strategica la satanizzazione in terroristi degli oppositori collaudata nei tempi della sconfitta coloniale, dallo Yemen al Kenia, dall’India prima che vi si installasse il pacifista salvatore del capitalismo Ghandi, a Cuba.

Lo sterminio di propri cittadini innocenti e inconsapevoli, con attribuzione della colpa al terrorismo, Al Qaida, serbi, manifestanti, mediante fucileria o autoattentati dinamitardi, si è affiancato alle guerre planetarie e infinite mosse a nazioni da estirpare e a popoli da ricondurre alla schiavitù o da eliminare perché in eccesso. Piazza Fontana e seguenti per mascherare da eliminazione del terrorismo la repressione dei diritti e lo spostamento della ricchezza; le bombe del ’92 e del ’93 per chiudere un torneo che, tra lotta partigiana, movimenti organizzati di massa, rivolta del ’68-’77, aveva registrato troppe partite perse o pareggiate. E poi, sempre nel mondo delle “Grandi democrazie” care ad anime belle come Saviano e ai debosciati ma astuti sicofanti di sinistra, lo stillicidio di provocazioni, infiltrazioni (vedi BR e affini), montature, assassini mirati attribuiti alla parte da abbattere, fino ad arrivare al perfezionismo del “terrorismo islamico” , all’11 settembre, alla metro di Londra, ai treni di Madrid. Palude tossica nella quale, accecati e imbrattati fino alla paralisi, ormai sguazzano tutti quanti.

La gente di Derry non c’è cascata. Hanno provato ad ammansirla, a farla ammutolire, decenni di cosmetici correttivi sociali: una casetta meno angusta, servizi meno negati, posti di lavoro un po’ meno sparuti, perfino qualche poliziotto cattolico tra mille protestanti. Perfino, sotterrata la miccia della rivendicazione nazionale grazie all’accordo del Venerdì Santo del ‘98, uno pseudo governo provinciale “autonomo” del Nord Irlanda con, in moderata coesistenza con premier fascisti e notabili proconsolari, sotto la ferula di Londra, ministri che erano comandanti dell’Ira. Widgery, cui avevo rovesciato sullo scranno le 98 cartucce dei fucili Sterling sparate da parà che, per il lord, si erano difesi con appena pochi colpi di avvertimento, per sentirmi rimbrottare di non fare il “terrorista”, è finito nella latrina della storia. L’immane potenza militare, mediatica, propagandistica, cospiratrice di Londra è stata disintegrata dalla fermezza e dalla determinazione di chi, pur attraversando le stagioni di vita di due generazioni, vita grama di affanni, repulse, privazioni, frustrazioni, soperchierie, era rimasto abbarbicato all’impegno di riscattare alla dignità di martiri quelli che si erano voluti far passare per terroristi e loro fiancheggiatori. La sorte ci scampi dal dover concedere ai necrofagi delle “Grandi Democrazie” 28 anni di impunità per gli orrori commessi dalle Torri Gemelle o 18 da Capaci in poi. O diventiamo tutti cittadini di Free Derry, o di Falluja, o di Kandahar, o siamo fottuti.

SERATA CUBANA AL PATIO LATINO

Il nuovo spazio "Patio Latino" del Circolo della Tuscia di Italia-Cuba è stato inaugurato il 7 giugno scorso da una memorabile serata di informazione, discussione e convivialità. Una trentina di iscritti e amici del Circolo hanno partecipato all'incontro con la prestigiosa giornalista cubana Arleen Rodriguez, accompagnato dall'offerta di cocktail cubani preparati da un vero maestro della specialità. Tradotta da Cristina, Arleen ci ha trattenuto sui temi di attualità che riguardano Cuba e l'America Latina, in armonia con la linea del nostro circolo che non può prescindere, nel riferirsi a Cuba, dal contesto latinoamericano nel quale la rivoluzione cubana ha svolto e sta svolgendo un ruolo di ispirazione e incoraggiamento, venendo a sua volta alimentata dalle grandi novità maturate in quel contesto. Dalla forsennata campagna diffamatoria in atto contro Cuba, ma anche contro le altre esperienze di liberazione latinoamericane, agli sviluppi economici e sociali della Cuba di Raul Castro, dalla controffensiva Usa mirante, a partire dal golpe in Honduras e dalle nuove basi nei paesi clienti, a ricuperare quello che considera il suo "cortile di casa", alla fondamentale questione dei cinque cubani da 12 anni illegittimamente rinchiusi nelle galere Usa per aver denunciato le trame terroristiche contro Cuba, gli interventi di Arleen e poi lo scambio di domande e risposte con il pubblico, hanno tracciato un quadro esaustivo di uno dei più significativi nodi geopolitici mondiali.
Il Patio Latino proseguirà le sue attività nelle prossime settimane con un cineforum.
Questo il link per il video della serata:
http://vimeo.com/12646095

martedì 8 giugno 2010

Protesta sotto LIBERAZIONE - il video

Un resoconto del primo giorno di protesta sotto la sede del giornale LIBERAZIONE che ha visto Fulvio Grimaldi incatenarsi per attirare l'attenzione sulla prossima legge bavaglio per l'informazione e sul suo caso personale di censura da parte dell'organo del Partito della Rifondazione Comunista

lunedì 7 giugno 2010

PICCOLA STORIA ALL'OMBRA DI GRANDE STORIA
































Alla fine non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici.(Martin Luther King)Possiamo facilmente perdonare un bambino che abbia paura del buio. La vera tragedia della vita è quando gli uomini hanno paura della luce.(Platone)Chiunque combatte un mostro dovrebbe badare a che, nel processo, non diventi un mostro. Quando guardi nell'abisso, anche l'abisso guarda dentro te.Friedrich Nietzsche)

Piccola fotocronaca di una settimana di catene sotto “Liberazione, giornale comunista”.
Dall’alto in basso: 1) il bassotto Nando, a rischio di cuccia come io e famiglia di usbergo, causa le prevaricazioni antidemocratiche e illegali di Bertinotti, dei cui effetti vuole nutrire il suo corpo in dissoluzione anche il PRC della “svolta”, in catene e reciproca solidarietà; 2) il megafono chiama Ferrero alla coerenza: contro i decreti bulgari di Berlusconi e a favore dei decreti bulgari di Bertinotti? 3) Scende una delle figure più accettabili del vertice PRC, Gianluigi Pegolo, e ascolta la triste storia di una censura, un licenziamento illegale e 110mila euro che la vittima dovrebbe pagare per essere stato censurato, cacciato, diffamato, tace e trascorre; 4) scendono e passano, vestiti di ignavia e imbarazzo, altri dirigenti del partito; 5) passa Claudio Grassi, responsabile organizzazione, un micro-Talleyrand per ogni stagione, e ghigna (anche se non si vede): “Hai avuto li sordi? E ora ce li ridai ! ” . Trattasi del gerarchetto che guidava la corrente emme-elle “L’Ernesto” nella quale per anni ho militato e che, quando oppositore del Bertinocchio e non dirigente come oggi, sollecitava i compagni a protestare contro l’abuso inflittomi. Oggi ne vuole ricavare i suoi trenta denari. E’ senz’altro il soggetto migliore della compagnia, chissà perché mi fa venire in mente quel capitano israeliano col quale feci a botte nel 1967 quando proclamò che ”l’unico arabo buono è l’arabo ammazzato”; 6) arriva la controparte formale, l’amministratore di Liberazione Mauro Belisario, pure lui dell’Ernesto, pure lui stigmatizzatore dell’ukase bertinottiano e oggi implacabile e bulimico raschiatore del fondo del barile, che sarei io; mi fa una proposta di grande generosità: vuole metà subito e metà dopo la Cassazione; 7) scende infine sabato, sesto giorno di catene sotto il sole a picco sui due vecchietti a due e quattro zampe (più consorte infermiera), la controparte sostanziale, Paolo Ferrero, segretario di rinnovamento e ripulimento del PRC. Ascolta con attenzione, risponde con gentilezza, ma con le sue impossibili ragioni tecnico-legalistiche (ha vinto con una sentenza indecente in appello), ha gli occhi azzurri, sorride, sotto sotto comprende benissimo la dominante politico-morale della vertenza, mi promette meditazione e risposta entro giorni. Bella differenza dall’ernestino emme-elle, povero Che. Non c’è un cazzo da fare, mi è simpatico con quegli occhi da fiordaliso, pare brava persona. Un evangelico da montagna. Chissà quanto conta in quel serraglio di sciacalli; 8) Per quanto tuttora tra color che sono sospesi, ci rallegriamo con un compagno che non svicola facendo finta di non vedere. Sciolgo le catene. Per ora. Se quelli fanno i furbi, si va allo sciopero della fame. Lo so, non vi piace, è strumento abusato e logorato, ma non ne vedo altri.

Cari amici, provo forte imbarazzo a mettere la mia vicenda, squalliduccia per quanto di notevole significato all’interno della lotta per la libertà d’opinione ed espressione che Bertinotti, anticipando il guitto mannaro, aveva iniziato a sottrarre addirittura al comunismo, accanto alle grandi e drammatiche vicende di vita e morte, di buio della menzogna e luce della verità che ci coinvolgono tutti. Bisognerebbe separare, costruire una gerarchia e io, immodestamente e indegnamente, sbatto tutto insieme e la maionese che ne esce forse è proprio impazzita. Ma, abbiate pazienza, per una settimana da mercoledì 9 giugno, non imperverserò più tra questi byte perché fuori Italia. Di conseguenza vi prego di perdonarmi la lunghezza spropositata di questo intervento-minestrone. Se non altro per la presenza di ingredienti non miei, ma preziosi. Infatti, in fondo, troverete sia un elenco di ditte e prodotti israeliani – o di sostegno a Israele – da inserire in una campagna di boicottaggio che, illuminata da tanti onesti, a partire dal rifiuto dei portuali svedesi di trattare merci da e per Israele (fecero così i portuali italiani con il Cile di Pinochet, altri tempi), sta limando in profondità le zanne predatrici dell’economia assistita dello Stato terrorista; sia un discorso al parlamento del premier turco, Recep Tayyp Erdogan. Utile, questo, per fare il confronto tra chi sta accanto a 9 (e probabilmente più) turchi assassinati dal licantropo di mare e chi, qui da noi, dei suoi concittadini aggrediti, sequestrati e malmenati se ne è fottuto. Tra chi dovrebbe pietire l’ingresso in quest’Europa del vampirismo sociale e dell’interventismo coloniale stragista e chi ha ripreso a urlare, come i pre-nazi con la croce di un tempo, “mamma li turchi!”

A proposito di Turchia, paese delle manifestazioni di massa più grosse del mondo e del governo che ha riscattato l’onore imbrattato da una “comunità internazionale” complice dei bruti con la stella di Davide, scagnozzi italiani e olandesi di USraele in testa, dovremmo oggi riconoscerle il ruolo di punta di una controffensiva all’imperialismo-sionismo. Rotta l’alleanza con lo Stato fuorilegge, impostata a suo tempo da militari golpisti turchi avidi delle tecnologie di morte del moloch e ontologicamente affini ai folli di guerra che dalla fondazione tengono quel paese artificiale per le palle, la Turchia ha sconvolto l’assetto strategico tra Mediterraneo, Medio Oriente e Asia. Ha spiazzato USraele con il nuovo asse strategico Russia-Iran-Turchia-Siria, con dietro i mondo musulmano e latinoamericano. Promuove una nuova flottiglia verso Gaza, con sopra forse lo stesso Erdogan, sta considerando la cancellazione di 16 accordi militari e il flusso d’acqua, “Blue Stream”, verso l’obbrobrio sionista. Israele e gli USA (United States of Assassins) stanno nella merda e ce da aspettarsene reazioni orride fino al nucleare. Sono entità tumorali, lucidamente psicopatiche. Sono un contromondo tossico, quantitativamente irrilevante, ma con i tentacoli in centri nevralgici del dominio sulle cose e sulle menti. Sono capaci di tutto. Basta pensare come brandiscono altre guerre sfruttando una loro provocazione, tipo 11 settembre, contro la Corea del Nord, con lo scopo di giustificare davanti all’opinione pubblica giapponese, vittimizzata da quella presenza di rapina, prevaricazioni, stupri di massa, l’irrinunciabile necessità della base di killer a Okinawa. Basta, ancora e sempre, la stessa loro mostruosità dell’11 settembre e seguenti (ai nostri in sedicesimo è bastata un terremoto saputo e sperato). Basta guardare a quelle inconcepibili esecuzioni a bruciapelo dei migliori di noi sulla Navi Marmara (e c’è chi osa biasimare quei due che all’assalto delle teste di morto SS hanno tentato di opporre gli arnesi dell’imbarcazione!). Tutto questo ha portato il Frankenstein sionista a trovarsi solo, appiccicato al muro della riprovazione e dello schifo di tutto quello che rimane fuori da quell’8% che è la “comunità internazionale”. Non era mai successo in 60 anni di efferatezze del mostro. Il disordine è grande sotto il cielo, e un oceano è la collera. La situazione non sarà ottima, ma si è aperta a nuovi venti. Come la nostra, nell’Italia mafiofascista in crescita di consapevolezza di massa grazie a piccoli roditori dai denti aguzzi, Sabina Guzzanti, Marco Travaglio, Santoro, Report, Crozza, magistrati coraggiosi. Saviano? Saviano no. E, a proposito di Travaglio, Saviano, Report e simili, prima di inginocchiarci, chiediamoci chi si sta inserendo tra coloro che soffiano quei venti.

Roberto Saviano, il santo subito
Ieri sera guardavo la rispettabilissima ed eterodossa trasmissione “Report”. Compare Milena Gabanelli e annuncia con enfasi tra l’accorato e l’indignato un terribile reportage, addirittura candidato al Premio Oskar. C’era da restare diffidenti, alla faccia del buon nome della Gabanelli. E’ giustamente. Si è snodata infatti una tale cazzata televisiva e talmente falsa e perfida, da farci venire i dubbi su tutto quello che, sbavando fiele e repulsione, ci raccontano su Myanmar (da loro colonialisticamente ancora chiamata Birmania) media e relativi ufficiali pagatori. Tra i quali in prima fila Hillary Clinton, mentre si gratta le scaglie e si pettina le vipere in testa. Un filmaccio talmente scoperto nella sua matrice Cia-Mossad da farci pensare che i militari che reggono quel paese, qualsiasi cosa siano o facciano (e noi non lo sappiamo!), siano comunque meglio di chi, con diffamazioni e rivoluzioni colorate, cerca di far fuori quel paese collocato in coda all’Asia centrale e alla Cina. Un temerario cronista, audacemente al riparo all’estero, finge telefonate con colleghi in piazza a Rangoon e racconta, con tono da ebreo assediato nel ghetto di Varsavia, le atrocità che le forze dell’ordine del governo di Myanmar stanno commettendo contro l’altra cocca della “comunità internazionale”, Aung San Suu Kyi, e contro il popolo tutto. Peccato che tali atrocità stanno tutte nella voce esagitata fuoricampo del telefonista. Mai nella immagini. Un’ora di montato ci riserva un unico cadavere, quello di un monaco buddista affogato. Roba che ricorda la farsa della martire Neda a Tehran. Il resto sono marce di monaci arancioni (spediti dalla Tailandia, si saprà, ma non si dirà, poi), un concorso di popolo vociante, forte di quanti da noi stanno in mezza piazza Navona, e due candelotti lacrimogeni. Si odono spari, ma non si vedono né sparatori, né sparati. Si vaneggia di 3000 morti. Stessa qualità degli 8000 di Sebrenica, o degli altrettanti gassati da Saddam. Rivoluzione colorata a tutti gli effetti, stessi metodi e stesse facce di quelle di Iran. Georgia, Ucraina, Libano, Kirghizstan. La repressione mostrata sta alle quotidiane mazzate ai lavoratori, donne e bambini, dei nostri robocop, agli assassini mirati in giro per il mondo del Mossad, ai massacri in Palestina, alle operazioni di forze speciali Usa, droni e bombardamenti afghano-pakistani compresi, al genocidio iracheno, al golpe e agli squadroni della morte in Honduras, alle decimazioni uribiste in Colombia, alle liquidazioni maltusiane di genti mediante l’eroina e la cocaina commercializzata dalla Cia, come il servizio d’ordine del vecchio PCI sta a Bava Beccaris.

Le critiche mosse dall’encomiabile Alessandro Del Lago in un libro e in articoli sul “manifesto”, all’eroica icona-martire Roberto Saviano, critica minimalista in quanto ferma all’astuta trasposizione savianea della questione criminalità organizzata dal livello politico a quello morale, hanno suscitato tra le orde collaborazioniste dei liberal borghesi un pandemonio di riprovazione e sdegno. Le icone eroiche della sinistra non si toccano da sinistra. Ci si schiererebbe con i tromboni ottusi che lo attaccano dal covo del guitto mannaro. Come dire che, se la destra sega un albero secco, la sinistra deve guardarsi dallo sfuggire al suo crollo e, anzi, puntellarlo. In testa agli sconvolti da tanta improntitudine, le ginocrate del manifesto, direttrice Norma Rangeri in testa, use alle più dimenziali scuffie per il primo santo-subito che gli disintegra i neuroni: Obama, Bertinotti, Vendola, D’Alema. Certo, c’è l’elemento familistico: non sorge Saviano dal “manifesto”, come gli araldi della macelleria sociale e guerresca Riotta, Annunziata, Majolo, Salvato, Gagliardi…? In Italia, quando si tiene famiglia… Stupiscono meno le cannonate anti-critici dei Flores D’Arcais, Santomassimo, della muta di furiosi abbattutisi tra le lettere del “manifesto”, dei Fabio Fazio, gazzettieri e moralisti da un tanto a foglia di fico, compiaciuti protagonisti del soffice mondo di fuffa di una borghesia benpensante che non capisce un cazzo, se non come stare, a dispetto di guitti mannari e bertoladri, in coda alla marcia trionfale della democrazia, per quanto rubi e ammazzi, in alleanza con le mafie, ma a ben altri livelli.

Gli è bastato di un Saviano, papalizzato su tutti gli schermi, che riassumesse, romanzandoli abbastanza bene, gli articoli da anni scritti sulle stesse cose e gli stessi personaggi dagli anticamorra dal lavoro discreto e parimenti rischioso, come Rosanna Capacchione del “Mattino”. Mettendoci ogni tanto un glorificante “io c’ero”. Ha portato la camorra all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e internazionale. Bene. A un prezzo più lieve dei Falcone, Borsellino, Impastato, Siani, De Mauro, La Torre. E molto meno, anzi per niente, aveva puntato il dito contro chi di quella camorra è referente e utilizzatore ultimo. Del Lago il bersaglio l’ha solo sfiorato, parlando di narcisismo martirista e di occultamento della politica dietro alla morale. Daniele Sepe ha fatto di meglio. Scrive: “La nostra bussola oggi è ancora Brecht, mo è diventata Roberto Saviano? Chaplin diceva che il crimine paga solo alla grande. Infatti. Io nelle pagine e negli scritti di Saviano non ho mai trovato queste sottili distinzioni. Mentre si rivolge in maniera educata e deferente al presidente del Consiglio, suo editore, con una “preghiera” al tempo del processo breve, tuona contro le belve assetate di sangue sedute dietro una sbarra al processo Spartacus. Sarà, ma io trovo il capitalismo italiano e i boss camorristici tragicamente simili… Fa bene alla coscienza pensare che leggere un romanzo sulla camorra, o gridare ‘siamo tutti Saviano’ può far paura a gente sanguinaria in perfetta collusione con quello Stato che dovrebbe combatterli, invece secondo il mio modesto parere se ne strabatte. Comanda il denaro.

Noi, che siamo quelli della gogna massima per essere usi a deviare dalle leggi canoniche su chi amare e chi no, abbiamo la pretesta di colpire il bersaglio nel puntino rosso. Signora Rangeri, illustre Flores D’Arcais, saputissimo Marco Bascetta e tutti gli idolatri del santo subito, avete mai sentito Saviano, che pure è ormai tuttologo e appare con notabili di ogni ramo, da Al Gore a Grossman, parlare dei crimini del capitalismo e dell’imperialismo, consanguinei della camorra, o del golpe e degli squadroni della morte in Honduras o in Colombia della cui droga si nutre il dominio delle mafie? Ha mai profferito un’acca della sua combattiva intelligenza anti-crimine sui poteri delinquanzali occulti che allestiscono attentati contro civili in ogni continente? Fustigatore delle prevaricazioni sui deboli e delle devastazioni ambientali, gli sono mai capitati sotto gli occhi paesi e popoli disintegrati dalle stesse prevaricazioni e devastazioni, ma che portano nomi tra lo sconveniente e l’infamante, come Palestina, Iraq, Afghanistan?

In che cosa, Roberto Saviano, i nazisionisti che macellano inermi e innocenti e giusti da decenni, differiscono dagli Schiavone? Eppure tu hai sottoscritto quanto il tuo apologeta Travaglio ha dedicato allo Stato genocida: "Io sono filoisraeliano per convinzione, perché adoro Israele e gli ebrei, perché ci sono stato e ho visto di che cosa sono capaci gli arabi, perché conosco la storia, perché ho imparato la pietà studiando i campi di concentramento, perché rifuggo da ricatti emotivi e amo le democrazie per quanto imperfette ma sempre migliori delle tirannie arabo-musulmane… Israele non sta attaccando i civili palestinesi. Israele sta combattendo un’organizzazione terroristica come Hamas che, essa, attacca civili israeliani. Hamas che, anziché lavorare a costruire uno Stato palestinese, s’è occupato a distruggere quello di Israele… E per sovraprezzo tu, Saviano, hai completato il concetto: In Israele mi sento, al contrario di chiunque altro, più libero dei mieispostamenti. Meno minacciato. E’ il paese nel quale vorrei vivere". E grazie tante, è naturale per uno che preferisce camminare sulle tracce di sangue dei carnefici. Con tanti saluti a 7 guerre lanciate contro i vicini dagli invasori di una terra non loro, al genocidio strisciante, alle armi al fosforo e chimiche, all’infanticidio pianificato, all’embargo di morte, al carcere infinito per decine di migliaia, alla tortura sistematica, alle donne morte dissanguate ai check point, ai serial killer del Mossad, alle minacce di olocausto nucleare a chi non si sottomette, a una tirannia militare che lascia campare e parlare solo un’elite ebraica fanatizzata e razzista, escludendo dai diritti e dalla dignità un milione e mezzo di suoi cittadini non ebrei, che paralizza con l’arma tossica dell’antisemitismo la coscienza e l’azione di mezzo mondo.

Per colpire il bersaglio al centro, Alessandro Del Lago, non basta deplorare il depistaggio dalla politica verso la morale. Tocca mirare più in alto, là da dove partono i fili che fanno agitare a questo spadaccino la scimitarra di cartone delle cause compatibili. Questo mito creato su temi scontati e risaputi da quelle “sopraffine intelligenze” cui puntava Falcone, serve a tirare cannonate a ben diversi obiettivi: i palestinesi che non si rassegnano all’estinzione forzata e alla metamorfosi del bene nel male, le vittime del terrorismo di Stato dei governi della “comunità internazionale”, i Chavez e i cubani che, a ogni sua apparizione pubblica, lui assale secondo i paradigmi della diffamazione Usa a fini di aggressione. Amico di Israele e degli Usa, Saviano è il cavallo di razza, appositamente addestrato, per lanciare il carro del ricambio contro un regime che i suoi padrini considerano agli sgoccioli, per corruzione, idiozia, repulsa internazionale, e neppure tanto affidabile, visti i baciamano all’incorreggibile Gheddafi e i letti a cinque piazze di Putin. Visto che esce dalla scuola del “manifesto”, dove pure stava gomito a gomito con la lucida e onesta competenza degli Stefano Chiarini, Michele Di Giorgio e Luigi Pintor, Saviano non è certo inconsapevole della propria missione. Forse lo sono meno anime belle come Flores d’Arcais, Marco Bascetta o tutto il coccuzzame antiberlusconiano del Fatto quotidiano, Marco Travaglio in testa. Quello che li accomuna è la militanza per la democrazia da fattucchiere e stregoni. Non facciamoci infinocchiare.

Questo è il testo dell’intervento del premier turco Erdogan. Facciamo lo sforzo di leggerlo tutto. Ci riempirà di stupore e di mortificazione. Confrontiamolo con le esternazioni spurgate dal verminaio dei nostri governanti. E ricordiamo anche che il presidente tedesco si è dimesso per aver detto l’inconfutabile verità che la Germania, e quindi la Nato, massacrano l’Afghanistan e qualsiasi altro paese esclusivamente per garantire il soddisfacimento della propria voracità economica e che il premier giapponese si è dovuto dimettere perché non ha saputo estirpare da Okinawa il carcinoma della base Usa. Qualcosa sta scricchiolando nell’impero.
In fondo, una lista dei prodotti israeliani da boicottare.

Oggi non voglio rivolgermi solo al mio amato popolo ma a tutta l´umanità.

Desidero appellarmi alla coscienza, ai cuori e alle menti di tutta l´umanità,
vorrei condividere con coraggio le mie sensazioni…

Nelle acque del Mediterraneo, il cuore dell´umanità ha ricevuto una delle
ferite più gravi che essa abbia mai conosciuto nella storia. Le navi cariche di aiuti, provenienti da
cuori umanitari, queste navi che stavano facendo affluire aiuti sono state ostacolate con le armi,
dalla violenza e dalla tirannide.

Coloro che con pietà, compassione ed umanità hanno rifornito queste navi, non sono riusciti
a raggiungere la loro destinazione, perchè contro di loro si è dato sfogo ad una carneficina.

Ieri, dando inizio alle operazioni di mattina, elementi armati dell´Esercito israeliano hanno
fermato gli aiuti umanitari, provenienti da più di 32 paesi ed inviati al popolo di Gaza, con 600 persone a bordo della Free Gaza Flotilla, in acque internazionali, ed in modo assolutamente illegale hanno attaccato spargendo il sangue di innocenti esseri umani.

Dopo questo violento attacco, sfociato in morti e feriti, gli israeliani hanno preso il controllo e
sequestrate le navi cariche di aiuti umanitari. Di questo attacco bestiale contro quelle donne, quei giovani e quegli esponenti religiosi che la nave stava trasportando, esprimo ancora una volta la mia ferma e forte condanna.

L´ho dichiarato in Cile. Qui lo ribadisco un´altra volta. Il sanguinoso massacro commesso da
Israele contro le navi che portavano aiuti umanitari a Gaza, è una strage che merita qualsiasi tipo di
maledizione e condanna. Questa è chiaramente una violazione della legge internazionale, un attacco al cuore dell´umanità e alla pace mondiale, e dico al cuore dell´umanità perché su quelle navi vi erano persone di tutte le nazionalità e religioni.

Solo persone, che stavano portando aiuti umanitari a coloro che stanno subendo un
embargo, la popolazione di Gaza. Le navi, prima che partissero, avevano apertamente dichiarato al mondo intero il loro carico, le loro intenzioni, la loro missione. Come testimoni di questo soccorso evidentemente umanitario da parte del mondo e del nostro paese, anche 60 giornalisti sono saliti a bordo delle navi. In acque internazionali, in mare aperto, è avvenuto questo attacco armato contro 600 persone e 6 navi che stavano trasportando aiuti a persone oppresse, affamate e alle quali sono state distrutte le case-si tratta chiaramente di un attacco che va contro i principi basilari delle Nazioni Unite.

Le navi salpate, che sia dalla Turchia o da altri paesi, erano state completamente rifornite per
realizzare un proposito umanitario, essendo cariche di soccorsi. Secondo regole di traffico navale, le
navi erano state rigorosamente controllate. Inoltre, a bordo non vi erano altro che civili e volontari. Le navi battevano bandiera bianca. Nonostante tutte quelle condizioni, le navi hanno subito un´aggressione armata.

Come sapete, al momento eravamo in visita in America Latina come da programma. A
causa di quest´orrendo attacco terroristico avvenuto in Hatay e dell´aggressione illegale di Israelecontro le navi degli aiuti umanitari, abbiamo dovuto abbreviare la nostra agenda in Cile per tornare subito in patria. Abbiamo seguito attentamente gli eventi sin dall´inizio. Abbiamo adottato le misure necessarie, insieme ai nostri amici in Turchia..

Il nostro Ministro degli Esteri e quello della Difesa, parlando al telefono con il Ministro della
Difesa israeliano, hanno espresso con forza la nostra reazione e il nostro disappunto. Ed io, insieme ai miei ministri, valutando gli eventi tutta la notte, sono rimasto ininterrottamente in contatto con la Turchia. D´altra parte, ho stabilito contatti con la comunità internazionale e per ora questo modo di agire va avanti.

In tale contesto, ho disposto sul tavolo qualsiasi cosa sia necessaria per agire in tutte le
dimensioni di questa situazione. Ho adottato urgentemente tutte le misure necessarie. Le Repubblica turca sta ricorrendo a tutte le possibilità, tra quelle messe a disposizione dalla legge internazionale e dalla diplomazia. E la Turchia continuerà a ricorrervi. In quest´ottica, l´ambasciatore turco a Tel Aviv è stato richiamato. Tre operazioni militari congiunte che erano in agenda sono state annullate. Il nostro Ministro degli Esteri è andato a New York e il Consiglio di Sicurezza dell´ONU è stato convocato per una sessione urgente ed è stato assicurato che questo meeting
straordinario ed urgente si terrà.

Il Consiglio di Sicurezza ONU ha rilasciato una dichiarazione che condanna Israele. In questa
si è richiamata l´attenzione sulla necessità di aprire un´inchiesta, di rilasciareimmediatamente i civili e i feriti. Le partite della nostra squadra giovanile di calcio sono state annullate. Il Consiglio della NATO è stato convocato per un meeting straordinario. Inoltre, l´Organizzazione della Conferenza Islamica, la Lega Araba, l´Unione Europea e tutti i rispettivi rappresentanti istituzionali sono stati contattati, le istituzioni internazionali sono state richiamate in servizio. L´Organizzazione della Conferenza Islamica terrà un incontro lunedì.

Inoltre, è stato fatto ogni sforzo per assistere i feriti e portarli in Turchia, e da parte nostra è
stato preso ogni provvedimento. Israele, impedendo alla comunità internazionale, sin dall´inizio dell´incidente, di avere informazioni, ora deve informare l´opinione pubblica mondiale in modo veritiero e non deve astenersi dal cooperare a livello internazionale. Israele deve capire la gravità della situazione e smettere di commettere simili e sbagliate azioni. A questo punto il comportamento d´Israele è sotto gli occhi di tutti e l´opinione pubblica si sta facendo una sua idea. Coloro che hanno preso parte a questo sforzo sono in contatto e stanno agendo di comune accordo con quei paesi i cui cittadini hanno preso parte alla flottiglia.

Le navi battono bandiere turche, greche e delle isole Comore, ci sono persone provenienti da
32 paesi. Mi aspetto che anche quei paesi esprimano le necessarie rimostranze. Pertanto, dico ancora una volta che Israele deve immediatamente togliere l´inumano embargo inflitto a Gaza. Israele non deve impedire che gli aiuti umanitari giungano a destinazione.

Cari compagni, come sapete noi portiamo avanti, in collaborazione con la Spagna, il lavoro
dell´Alleanza delle Civiltà. Il nostro fine e la nostra missione è rafforzare la convinzione che diverse religioni, differenti culture e civiltà possano coesistere pacificamente una accanto all´altra. E´ una battaglia portata avanti affinché, piuttosto che odio ed ostilità, l´amore possa trionfare.

Purtroppo, devo dirlo, l´incidente accaduto ieri, dal punto di vista della civilizzazione e della
cultura globale dell´umanità, ha segnato un punto nerissimo. Dal punto di vista della storia dell´umanità, questa vicenda è stata registrata come una grave vergogna. Attaccare con armi navi cariche di aiuti umanitari, massacrare gente innocente, minacciare civili come fossero terroristi, è una grande sconfitta sotto questo aspetto. Un atto odiosamente feroce e vigliacco, frutto di
sprezzante e sconsiderata presunzione. [20 secondi di applausi].

Lo sappiamo, la guerra come la pace ha le sue leggi. In guerra non si attaccano i bambini, in
guerra non si attaccano le donne e gli anziani, in guerra non si attaccano i civili o gli esponenti religiosi, in guerra non si attaccano coloro che sventolano la bandiera bianca, non si attaccano dottori e soccorritori; non in tempo di guerra ma in tempo di pace, chi commette queste cose non solo viola la legge ma allo stesso tempo calpesta coi propri piedi l´umanità, non ne fa
più parte.

Tiranni, malfattori e persino pirati hanno particolari sensibilità, seguono particolari codici
morali. Coloro che non seguono una morale o un´etica, coloro che agiscono con nessuna sensibilità, definirli tiranni, malfattori o pirati sarebbe perfino un complimento. Di fatto, assalendo un´imbarcazione con volontari provenienti da 32 paesi, Israele ha sfidato il mondo.
La pace mondiale è stata ferita gravemente. Questo sfrontato, irresponsabile e sconsiderato
governo che non riconosce alcuna legge e calpesta qualsiasi tipo di virtù umanitaria, questo attacco del governo Israeliano deve essere punito in qualunque modo.

Da un governo, che ha fatto del mentire la sua politica di stato e che non si vergogna per il
crimine che commette, non ci si può aspettare che apra un´inchiesta e la comunità internazionale deve indagare su questo incidente in tutte le sue dimensioni e fornire un verdetto.

La Turchia non si accontenterà di restare a guardare di fronte a quanto accaduto. La Turchia
non è uno stato giovane e senza radici. Non è uno stato tribale! Sarebbe meglio che nessuno tentasse di scherzare con questa nazione per metterne alla prova la sua pazienza. Per quanto preziosa possa essere l´amicizia della Turchia, non è nulla in confronto alla sua inimicizia…

La questione non riguarda il rapporto tra Turchia ed Israele. Il punto è l´attuale sregolatezza
d´Israele e il riconoscere le pratiche disumane dell´attuale governo, il suo ricorrere alla violenza, allo spargimento di sangue, il suo mostrare atteggiamenti che minacciano la pace…

Esiste un´idea israeliana in cui la violenza rappresenta la sua politica, Israele considera
legittimo il poter opprimere, tirannizzare, martoriare e non esita a spargere sangue. Adesso le azioni illegali d´Israele non possono più essere coperte, esser intenzionalmente rappresentate in modo erroneo e venir ignorate. E´ giunto il momento che la comunità internazionale dica BASTA!...

Indubbiamente, i metodi aggressivi di Israele traggono origine dal potere che ricevono
altrove. A questo punto, come Turchia la nostra precisione è chiara. E ieri dal Cile ho parlato con un rappresentante di uno stato membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell´ONU, la signora Merkel. Oggi ho parlato con altri rappresentanti. Ho discusso con il nuovo
Primo Ministro inglese, anche lui ha chiamato e anch´io gli parlerò, l´ho chiamato prima e
abbiamo parlato, oggi discuteremo queste cose di nuovo. E parleremo anche con gli altri.

Non possiamo permettere che Israele gestica da solo quel che ha combinato. Non possiamo
dire al governo israeliano di poter fare cosa vogliono. Tutto ha un prezzo. E questo governo dovrà pagarlo.A causa di questo genere di pensiero che non rispetta la vita umana, del fatto che gli
israeliani trovano impossibile rispettare alcun diritto e alcuna legge, noi non possiamo assumere un atteggiamento pacifico, cari amici.
E´ impossibile accettare questo genere di pensiero che non tiene conto dell´essere umano e
non rispetta i diritti umani.Uno Stato che tiene conto della sicurezza dei propri cittadini non può conseguirla con azioni che portano odio e inimicizia dal mondo intero.

Un´amministrazione che non considera gli altri, eccetto i propri cittadini, come esseri umani
non può essere interessata a ciò che viene definita pace.

Israele ha dissipato uno alla volta i propri schermi protettivi, perdendo uno dopo l´altro i propri
alleati, isolandosi. L´amministrazione israeliana, provocando rancori e odio in Medioriente, sta facendo saltare in aria la pace della regione, poichè l´instabilità sta aumentando, il contenuto del vaso di Pandora dilaga come iodio.

La comunità internazionale deve immediatamente prendere provvedimenti.

Qui vogli appellarmi anche al popolo israeliano. Noi siamo sempre stati contro
l´antisemitismo. Abbiamo alzato la nostra voce contro l´ingiustizia perpetrata contro il popolo ebraico. Abbiamo contribuito affichè il popolo israeliano possa vivere
in pace ed in sicurezza in Medioriente. Ora, come popolo israeliano, tocca a voi mostrare
uguale atteggiamento umano e sensibile, dicendo "Basta commettere queste crudeltà".

La politica di violenza mostrata dalla coalizione di governo, in violazione di ogni tipo di diritto
e di legge, sta totalmente mettendo da parte gli interessi di Israele. Sta chiaramente mettendo a rishio la vostra pace e sicurezza. A causa dell´atteggiamento aggressivo del vostro governo, lo Stato d´Israele assume una posizione di pirateria, ricorrendo al banditismo.

Quei governanti sconsiderati, pensano di governare uno stato con le bugie, l´inganno, lo
spargimento di sangue, con l´aggressività, la pirateria, il terrorismo, il massacro di persone innocenti. Ma quei politici sconsiderati prima di tutto danneggiano Israele ed il suo popolo. Voi, prima di ogni altra cosa, dovete dire basta a tutto questo. A proposito, ringrazio la comunità ebraica turca che ha espresso la sua giusta e sincera reazione a questo accadimento. I nostri
cittadini ebrei, quali membri del popolo turco, hanno difeso e continuano a difendere fino
all´estremo la giusta posizione della Turchia.Che qualcuno giudichi con odio i nostri cittadini ebrei o di trattarli in una maniera particolare non è accettabile, non può esserlo e mai dovrebbe esserlo.

Cari fretelli e sorelle, oggi è un nuovo giorno. Oggi è un nuovo inizio. Niente sarà più come
prima, ciò appare ovvio. Uno Stato aggressivo che liberamente uccide e massacra, non può giustificarsi di fronte all´umanità senza provar rimorso, senza che sia chiamato a rispondere, non può essere accettato dalla comunità internazionale.

Quelle navi erano tutte navi di compassione. E il loro carico era il cuore dell´umanità. A 72
miglia dalle proprie acque, completamente in acque internazionali, Israele ha messo in atto un´operazione contro una nave, una nave di civili e non militare, non è nemmeno consentito fare una cosa del genere. Fare un´operazione militare contro una nave civile, perfino
l´arresto dei suoi passeggeri, è già di per sè un crimine. Attaccare persone innocenti,
spargere sangue e massacrare è chiaramente un atto di terrorismo di stato.

Loro negano e dicono di esser stati attaccati, che gli hanno sparato contro. Siamo stufi delle
vostre menzogne, siamo stufi. Siate sinceri, siate onesti.Le navi catturate devono essere rilasciate immediatamente, insieme allo staff e ai volontari. Insieme agli attivisti e ai
membri del Parlamento europeo, ai 60 giornalisti, insieme a quella donna che era a bordo
con il figlioletto di 1 anno, il piccolo Kaan; nessuno ha il diritto di presentare queste navi come se avessero tutt´altre intenzioni, propositi o fini fuorchè consegnare aiuti umanitari. Questo attacco ha dimostrato ancora una volta la disumana oppressione e crudeltà che Israele infligge da anni ai
Palestinesi e a Gaza.

L´ho detto precedentemente. I governanti israeliani, a cui abbiamo detto in faccia quanto
bene sanno come uccidere, hanno mostrato ancora una volta al mondo quanto siano bravi a compiere massacri. Indulgenza, mettere le manette perfino ad innocenti persone gravemente ferite a cui hanno sparato. Diamine! Come si può giustificare questo? Steso sulla barella, ferito, e voi gli mettete le manette! Si può spiegare questo con i diritti umani e i valori universali? Non è più
possibile dire al mondo quanto queste fossero manifestazioni di umanità.

Tutte le persone, nel mondo, condannano questa evidente crudeltà, lo so. Ma condannare e
basta non è più sufficiente, dobbiamo ottenere risultati. A tutti coloro che nel mondo hanno a cuore la giustizia, dovreste sapere che un giorno sarà la giustizia a trionfare e non il potere, è questo che voglio.

La Turchia sfrutterà tutte le opportunità che la legge internazionale consente. A questo punto
ci muoveremo di comune accordo con la comunità internazionale. Desidero che tutta l´umanità concentri la propria attenzione su questa questione. Con la sua politica dello spargimento di sangue, Israele non può legittimare con nessuna scusa questo omicidio illegale e sanguinoso, non può giustificarlo.

Israele non ha alcun valido motivo, nessuna scusa da offrire per lavare le sue mani
insanguinate. La questione, il caso provocato dal sanguinoso attacco nel Mediterraneo, non è un problema tra due paesi ma un problema per il mondo intero. Ritengo che nessun paese che tiene conto di valori umani e virtù, che nessuna istituzione internazionale resterà solo a guardare di fronte ad un delitto di simili dimensioni.

Da adesso in poi, chiunque chiuda i propri occhi di fronte alle sanguinose aggressioni
israeliane, chiunque le ignori, farebbe bene a sapere di essere complice di questi crimini. E´ chiaro che la questione non riguarda il diritto di difendersi dal terrorismo, non si tratta di lotta al terrorismo, la questione è che il tentativo di compiere un massacro contro una città, contro tutte le persone di una città in modo da sterminarle completamente, è stato dimostrato
ancora una volta da questo ultimo incidente accaduto.

Voi scaricate bombe su queste persone, sperimentate il fosforo su di esse, bombardate
ospedali, moschee, attaccate scuole, bombardate parchigiochi, prendete di mira perfino gli uffici ONU, e come se queste azioni illegali non bastassero, tagliete pure ogni tipo di rifornimenti a questa gente. E dopo tutto questo, non tratterrete i soccorritori che hanno provato a consegnare cibo,
medicine e materiali edili a questa gente, per sentire la vostra barbarie disumana.

Chiunque altro può perdonare ed indulgere a questa illegalità. Lo dico apertamente e lo
sottolineo, Israele potrà anche sostenerlo ingannevolmente ma non dovrebbe commettere l´errore di paragonare la Turchia ad altri. Un simile errore avrà un alto prezzo da pagare.

Israele, che ha sparato su innocenza e pietà, con questo delitto commesso in mare aperto,
ha scelto l´isolamento dal monto intero. Ha scelto di isolarsi.

Lo ripeto ancora una volta. Se tutti rimangono zitti, se tutti chiudono gli occhi, se tutti voltano
le spalle, noi, come Turchia, non volteremo le spalle alla Palestina, ai palestinesi e a Gaza. Noi non chiuderemo i nostri occhi! Non smetteremo di piangere per la Palestina!!!

Miei cari fratelli e sorelle, la nostra nazione deve essere risoluta. La nostra gente deve avere
la dignità che si conviene alla Turchia. La porteremo nei nostri cuori. Tutti insieme cureremo le ferite dei nostri feriti.

Apprendiamo con soddisfazione che in ogni angolo di Turchia la nostra gente sta seguendo
la vicenda attentamente e con grande sensibilità, sta mostrando le sue reazioni democraticamente e legalmente. E´ opportuno che la nostra gente si esprima. Credo che tutti i nostri cittadini manterranno la loro determinazione, e agiranno con dignità e buon senso. Tutti dovrebbero saperlo ed starne certi, le navi cariche di amore e d´amicizia provenienti dal cuore dell´umanità, un giorno
supereranno ogni ostacolo e barriera, giungendo a destinazione.

A coloro che sostengono questa disumana ed illegale operazione;

Tanto voi sostenete l´illegalità, quanto noi sosteniamo le leggi.

Tanto voi sostenete le operazioni sanguinose, l´aggressività, il terrore, altrettanto faremo noi
con la giustizia.

Tanto voi siete contro i civili, gli oppressi di Gaza e la Palestina, quanto noi stiamo a loro
vicini, sostenendo i civili, gli innocenti, i palestinesi e la gente di Gaza.

Siamo onorati di avere questo status che la storia ci conferisce, ne andiamo fieri, e inoltre,
d´ora in poi, continueremo ad agire seguendo la missione che la nostra storia, la nostra civiltà e la tradizione del nostro Stato ci hanno conferito.

Recep Tayyp Erdogan

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CAMPAGNA INTERNAZIONALE DI BOICOTTAGGIO DI ISRAELE

Lo Stato d’Israele da decenni opprime il popolo palestinese con violenze e uccisioni di uomini, donne e bambini: più di 1300 morti e 6000 feriti nella Striscia di Gaza soltanto durante l’ultima operazione militare.
Ciascuno di noi può fare qualcosa per accelerare la sconfitta del sanguinario regime israeliano e favorire la nascita in Palestina di un nuovo paese, nel quale arabi ed ebrei possano vivere in pace con eguali diritti.

NON COMPRARE I PRODOTTI DI AZIENDE
CHE SOSTENGONO ISRAELE!

ABBIGLIAMENTO. Armani, Timberland, Versace.

ALIMENTARI. Alemagna, Barilla, Buitoni, Campari, Carmel, Coca-cola, Danone, Ferrero, Findus, Jaffa, Illy, Lavazza, Levissima, Loacker, Motta, Nestlè, Pepsi-Cola, Rio Mare, San Bernardo, San Benedetto, San Pellegrino, Segafredo, Vismara.

AUTOVETTURE - MACCHINARI. Caterpillar, Gruppo Fiat (Alfa, Fiat, Hitachi, Iveco, Lancia, New Holland), Volvo.

COSMETICI - IGIENE. Colgate, L’Oreal, Palmolive, Ahava-Sephora.

ELETTRODOMESTICI. Delonghi, Merloni, Scavolini.

FARMACI. Teva

GIOCATTOLI. Clementoni, Bburago.

RISTORAZIONE. Mc Donald’s.

SIGARETTE. Marlboro, Philip Morris.

TELEFONIA. Motorola, Nokia, Telecom-Tim.

Inoltre, il codice a barre dei prodotti “made in Israel” inizia con le cifre 729. Non comprare prodotti con quel codice!
Informazioni sui legami con Israele delle aziende in elenco e sulla campagna internazionale di boicottaggio si possono trovare sui siti:
www.forumpalestina.org - www.boicottaisraele.it – www.bdsmovement.net

Circolo Internazionalista – via Baveno 23 – Torino - riunioni il lunedi alle