giovedì 22 giugno 2017

A presto!



Un saluto a tutti.

E occhio a quelle merde di sauditi, ai vaccinatori multipli di Casa Frankenstein, agli smartphone che ti consegnano nudo come un verme a chi ti fotte e alla stupidità, al torvo papa sorridente e bla-bla-ista, a chi ti assalta alle spalle con le lame della "società civile", dei "diritti umani", dei "nostri valori", a chi distrugge il Sud lontano svuotandolo delle sue forze umane migliori e fa saltare quel che resta del Sud vicino a forza di buonismi sorosiani, Ong, accoglitori universali e"dagli al sovranista", al "populista", all' "identitario". A chi ti scassa la minchia con "è l'Europa che ce lo chiede".

E a chi vi circuisce ragliando di "nuova sinistra", "riunire le sinistre", "soggetto politico di sinistra", Bersani, Pisapia, Fratoianni, Fassina, Vendola, rispondete: "Io sto col dittatore Assad, io sto col dittatore Maduro, io stavo col dittatore Gheddafi e anche con il dittatore Saddam. Io sto con Putin. Nessuno di voi vale un'unghia di questi.

E sento che dall'alto qualcuno mi fa pat pat sulla spalla. Che sia il Che? Che sia Marx? Magari è Gramsci? Accetterei, oggi come oggi, anche un buffetto di Keynes.

Ci sentiamo più in là. E poi ci sarà un docufilm che forse si chiamerà "O LA TROIKA, O LA VITA"

Ciao.
Un saluto a tutti.

E occhio a quelle merde di sauditi, ai vaccinatori multipli di Casa Frankenstein, agli smartphone che ti consegnano nudo come un verme a chi ti fotte e alla stupidità, al torvo papa sorridente e bla-bla-ista, a chi ti assalta alle spalle con le lame della "società civile", dei "diritti umani", dei "nostri valori", a chi distrugge il Sud lontano svuotandolo delle sue forze umane migliori e fa saltare quel che resta del Sud vicino a forza di buonismi sorosiani, Ong, accoglitori universali e"dagli al sovranista", al "populista", all' "identitario". A chi ti scassa la minchia con "è l'Europa che ce lo chiede".

E a chi vi circuisce ragliando di "nuova sinistra", "riunire le sinistre", "soggetto politico di sinistra", Bersani, Pisapia, Fratoianni, Fassina, Vendola, rispondete: "Io sto col dittatore Assad, io sto col dittatore Maduro, io stavo col dittatore Gheddafi e anche con il dittatore Saddam. Io sto con Putin. Nessuno di voi vale un'unghia di questi.

E sento che dall'alto qualcuno mi fa pat pat sulla spalla. Che sia il Che? Che sia Marx? Magari è Gramsci? Accetterei, oggi come oggi, anche un buffetto di Keynes.

Ci sentiamo più in là. E poi ci sarà un docufilm che forse si chiamerà "O LA TROIKA, O LA VITA"

Ciao.

(le foto sono a Pescara del Tronto, a 10 mesi dal terremoto. Non s'è mossa né foglia, né maceria. Le dedico a chi mi ha anatemizzato per aver dichiarato di stare con il toro che, l'altro giorno, ha incornato il suo killer torero. Nel nome di tutti gli ammazzati per divertimento, soldi, potere)

 
Pescara del Tronto a 10 mesi dal terremoto


martedì 20 giugno 2017

M.O. = LAVIAMOCI LE MANI DAL FANGO CURDO E PROVIAMO A CAPIRCI QUALCOSA, PRIMA CHE SCOPPI TUTTO (e prima che "il manifesto" ci imbrogli ancora)



Parto e sarò lontano dal blog e da FB (non dai vostri interventi) per circa tre settimane. Il pezzo qui sotto è lungo. Avete il tempo per spezzettarne la lettura. O di saltarlo. Un saluto a tutti.

https://www.pandoratv.it/?p=16566

Il Presidente egiziano, Abd al-Fattah al-Sisi, in casa del lupo, a Riyadh,
alla presenza del Presidente USA, Donald Trump, glielo dice chiaro: “Il
terrorismo è occidentale”.

Il tema Al Sisi-Terrorismo riguarda la parte finale di questo post, quella sul “manifesto” e i suoi servigi all’imperialsionismo di guerra.

Londra, cristiani contro musulmani, come sunniti contro sciti: guerra civile=stato d’assedio, élite trionfante
Il mammasantissima della criminalità organizzata mondialista (qui in effigie) si frega le mani. Con l’ennesima punizione terroristica inflitta al Regno Unito per la sua uscita dall’UE, il solito veicolo stragista a economica e facile disposizione di qualsiasi sicario, cosciente o incosciente, stavolta antimusulmano, fornisce all’universo mondo occidentale, lanciato allo scontro di civiltà, il bonus supplementare del pretesto per una repressione ormai ultra-orwelliana. Se ne accorgeranno eventuali disperati, esasperati, sediziosi. Altro bonus dell’assalto alla moschea, il grattacielo, inceneritosi in 6 minuti insieme a cento inquilini per risparmiare le quattro sterline della verniciatura ignifuga, anzichè in gol è finito in tribuna, come il pallone del giocatore venduto. Non se ne parli più. Ora è tempo di prodromi di guerra civile: angli e sassoni contro tutti gli intrusi. Non ha funzionato forse molto bene con sciti e sunniti? E, prima, con cattolici e protestanti?

Tiriamo le somme. Trump celebrava la Brexit, ne vedeva motivazioni e sbocchi affini ai suoi e degli altri cosiddetti “populismi” sovranisti. Prometteva anche meno Nato e più Russia. Poi l’hanno messo in mezzo, il famigerato Stato Profondo, Cia, sinistri collateralisti, armieri e petrolieri e Trump non è più lui. E’ un pupazzetto di quelli e, per tenere a galla almeno la bananona aranciona, spara missili e minchiate a 360 gradi. Destino non difforme per la May, sua controfigura britannica che, tra coltellate e caroselli di camion, torri abitate che bruciano più rapide di uno zolfanello, dissolvenze elettorali, si ritrova alla prova del negoziato Brexit più esposta e inerme di Lady Godiva. Secondo voi, chi è che di tutto questo gioisce?

Saif al Islam Gheddafi libero. Con Haftar e i patrioti libici alla liberazione del paese
Poi, invece, ci sono due buone notizie. E, se non vi indignate, o anche se lo fate, ne aggiungerei una terza: il torero incornato dal toro in Francia, emblema di un aggiustamento morale e politico che qualcosa come 7 miliardi persone vorrebbero imporre a chi li incorna da secoli. E che quella testa di whisky di Hemingway, che sbavava in lettere e saliva su ogni corrida, riposi in pace. Una buona novella è la liberazione di Saif al Islam Gheddafi, figlio maggiore e successore designato del Grande Martire, da parte dei berberi di Zintan, alleati del generale Haftar, che a lui hanno consegnato Saif. Grottesca la reazione della Corte Penale Internazionale, nota per aver finora incriminato soltanto soggetti di pelle nera invisi all’Occidente: ne ha chiesto alle “autorità libiche” l’arresto e la consegna immediati.


Le “autorità libiche” (il magliaro Al Serraj ancorato al largo di Tripoli e la sua milizia di tagliagole e scuoiatori di neri a Misurata) vorrebbero bene assolvere all’ordine dello sponsor, tanto più che, già di loro, avevano condannato Saif all’impiccagione. Ma non possono, visto che il governo di Tobruk e Haftar, comandante delle Forze Armate Nazionali, gli stanno mettendo il sale sulla coda. Ben visti da Mosca e dal Cairo, i patrioti di Tobruk hanno riabilitato i gheddafiani e, forti di un consenso perciò crescente, hanno  conquistato i terminali petroliferi e si stanno riprendendo la Libia pezzo dopo pezzo. Nei giorni scorsi, con la conquista di Jufra, hanno liberato la regione centrale che dà accesso a Tripoli e a Sirte. E questa era la seconda notizia buona.

Meno elettori, più stato d’emergenza: si arriva alla perfezione
Una chiavica, invece, la notizia che dovrebbe far esultare il baffino bombardiere che di questi tempi si riciccia come antagonista di sinistra ovunque reperti museali autoqualificantisi di sinistra si assemblano per guardarsi in cagnesco, ma dichiararsi vicendevolmente ancora vivi. Ultimamente con Montanari e Falcone. Esprimendo una nausea che sorprende in una società come quella kosovara,  formatasi nelle provette tossiche dello scienziato pazzo Nato e non riconosciuta come Stato che da quattro scagnozzi della Nato, alle elezioni del 12 scorso ha votato appena il 41%. Quasi tanto miserrimi quanto quelli che si sono manifestati in Francia, dove si trattava di portare in parlamento un’armata di pitbull rothschildiani a guardia di colui che è stato messo lì a invertire la scelta degli affidati alla ghigliottina rispetto al 1792-1794. Ma statene certi, che a votare non ci vadano più se non corifei, chierichetti, sottopancia e parenti dei candidati, non turba minimamente  gli autoreggenti delle nostre sorti. Quello che conta è che tutti credano che lo stato d’emergenza, ormai perenne, serva a dargli sicurezza. Anzi, siccome non votano coloro, che alla fola secondo cui ogni 5 anni possono decidere liberamente chi li governerà non ci credono più e piuttosto hanno capito che ogni 5 anni sono chiamati a condividere, con persuasori occulti e manifesti, la scelta di chi li deruberà e schiaccerà, molto meglio che gli astenuti siano tanti. Di questo passo ci si disabituerà del tutto e quello che Napolitano, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni ci hanno fatto passare sulla testa dal 2013, senza chiederci né miao né bau nelle urne, sarà finalmente il perfezionamento della democrazia.

Presidente killer e trafficante di organi
Dimenticavo la notizia chiavica: il candidato premier eletto in Kosovo è Ramush Haradinaj, criminale di guerra, ricercato dalla giustizia di Belgrado e da tutti gli uomini perbene per aver trucidato, deportato, torturato migliaia di civili serbi, per aver dato fuoco a centinaia di monasteri ortodossi antichi, per aver trafficato in organi estratti ai prigionieri serbi. Conclamato narcogangster e serialkiller, è stato assolto dal Tribunale dell’Aja, una di quelle espressioni della civiltà giuridica occidentale che uccide in carcere chi non riesce a condannare e manda a reggere il destino degli umani chi ne ha fatti fuori di più. Da D’Alema, le cui bombe ho visto a Belgrado stroncare neonati nelle incubatrici e che batte le mani al Brancaccio per l’ennesima e, certo, decisiva “nuova sinistra”, a Macron, a Haradinaj, il cerchio si chiude.

Trump, Saud, Al Thani: tu, brutto terrorista!

In Medioriente le cose si ingarbugliano vieppiù. Non avevamo finito di chiederci cosa diavolo fosse piovuto in zucca a russi e iraniani ad Astana (dei turchi si capiva facile) quando crearono le famigerate zone di “riduzione del conflitto”, affidandole a turchi, curdi e mercenariato jihadista vario, alla faccia dell’integrità e sovranità siriane, che sul palcoscenico hanno preso a succedersi tanti di quei dei ex machina da far ammutolire qualsiasi analista.

Il colpo di scena più grosso è quello di Lucky Luciano che denuncia Al Capone per mafia a don Corleone. Donald Trump, successore di una combriccola di presidenti Usa che del terrorismo hanno fatto lo strumento principe per prendersi il mondo e disfarsi di mezza umanità, piomba a Riad e promette alla più sanguinaria monarchia del mondo 110 miliardi di strumenti per insistere nella loro pratica (specie in Yemen, dove opportunamente il colera, come negli Usa dei 18 milioni di pellerossa da eliminare, arrivato a 150mila casi, facilita il genocidio all’arma Nato, italiana compresa). In cambio i decapitatori principi dell’universo mondo, massimi fornitori, addestratori e finanziatori del terrorismo in tutti gli emisferi, devono unirsi al loro mandante nella lotta, quella vera, al terrorismo. Come? Strangolando il Qatar. Una specie di prepuzio della protrusione arabica, fino a ieri sotto le ali dello stesso mandante e padrino (don Corleone), azionista di buona caratura del terrorismo Isis, Al Qaida, califfati dei vari emisferi e relative affiliazioni.

Questione di gas

Cosa c’era di meglio, per i supermonarchi sauditi, che prendersela con il minuto prepuzio aggettante nel Golfo Persico, che da rana voleva gonfiarsi a bue e che, con quel “parvenu beduino” di Al Thani, la sua emittente Al Jazieera e i suoi scherani jihadisti, pretendeva di riportare tutto l’Islam sotto la ferula dei Fratelli Musulmani, sottraendolo all’egemonia wahabita della Casa di Saud? Senza contare – anzi, contando soprattutto – che quell’escrescenza peninsulare sta immersa nel più vasto giacimento di gas del mondo, che quel giacimento lo condivide in armonia con gli “orridi” iraniani, che da lì ambisce a farsi fornitore dell’Europa, a dispetto dei sauditi e degli israeliani e del loro nuovo gasdotto Israele-Cipro-Italia, con un altro gestito d’amore e d’accordo con i satanacci persiani, in combutta con i quali diverrebbe il primo fornitore di gas del mondo.

In questo atto della commedia c’è chi fa sul serio e chi meno. Sul serio fanno i sauditi, che si vedono spuntare sotto casa un potenziale agglomerato del Golfo, Iran-Qatar, che, in tempi di petrolio calante e gas montante, è quanto di più letale quella monarchia possa temere, per quante tonnellate di armi Usa, Italiane, tedesche, Nato possa infilare in un esercito di coscritti immigrati, tanto demotivati che, per mettere sotto i più sfigati arabi del mondo, gli yemeniti, non gli sono bastati gli F16 e l’artiglieria manovrati da centrali Usa. Tanto più sul serio fanno questi pervertiti trogloditi dalle caverne d’oro per aver sentito sotto i piedi i fremiti sismici di metà paese a confessione scita. Già il Qatar se la fa con Iran e Turchia. L’Iran ha espresso il suo dissenso verso le misure prese da Usa, Saudia e Golfo. Truppe turche si sono piazzate in Qatar contro eventuali ideuzze saudite che intendessero accentuare l’embargo diplomatico ed economico con misure militari. E l’idea che possa spuntare nel deserto il fiore di un’intesa tra Fratelli Musulmani e sciti sparsi un po’ ovunque tra Afghanistan e Bab el Mandeb farebbe saltare parecchi tavoli.

Che gli Usa non vogliono vedere saltare. Tanto che, appena svaniti dalle specchiere di palazzo reale a Riad i riflessi della sua lampeggiante chioma e dissoltesi nell’etere i suoi anatemi contro il terrorismo del Qatar, a Trump il Pentagono ha fatto vendere allo stesso Qatar armi per 12 miliardi di dollari e Tillerson, segretario di Stato, ha detto “non facciamola troppo lunga con questa storia del Qatar sentina di ogni infamia”. Si erano ricordati di colpo che lì, nel prepuzio, ci sta la più grossa base militare Usa del Medioriente, con tutti i suoi 110mila marines. Finchè si scherza….

Usa, Saudia, Israele: per i curdi Padre, figlio e spirito santo.
Parrebbe, dunque, che ci sia molto fumo e poco arrosto. O, quanto meno, che un sacco di fumo non faccia ben vedere che cosa stia cuocendo. Più riconoscibili appaiono le vicende sul campo di battaglia. Decimando a tutto spiano le popolazioni irachene e siriane, oltre a spingerle a svuotare i loro paesi e, insieme ad altre, resettare l’Europa, gli Usa non recedono dall’intento di annientare queste nazioni frantumandole in “espressioni geografiche”. Con i mercenari curdi sostituiti a quelli Isis, curdi rivelatisi vera feccia etica e politica nel loro servizio agli straziatori della Siria, nell’amicizia dichiarata per Israele e, ora, nell’apprezzamento per il ruolo “antiterrorista” dei sauditi (incredibile ma vero), gli Usa stanno prendendo Raqqa e consolidando un loro protettorato nel nord-est della Siria.
Quella dei curdi amerikkkani, filosauditi e filoisraeliani, fatti passare dai collateralisti della “sinistra” e del “manifesto” per il fior fiore della democrazia partecipativa, socialista, femminista, è una delle vergogne supreme della storia, al pari del tradimento di certi capi del comunismo occidentale e di tutti i farlocconi finti-sinistri da sempre vezzeggiati da quel giornale e utilizzati per diseducare il pupo. Autentici prostituti, al pari di quelli iracheni, miserabile strumento di un nuovo colonialismo, stavolta genocida oltreché predatore; stupide zoccole di lenoni che se ne disfaranno al primo volgere dei venti; schiuma della storia, materiale da discarica che stinge anche sul tanto rispettato PKK turco, che da questa feccia non ha mai preso le distanze e si fa dichiarare madrepatria.

Grande è il disordine sotto il cielo. Di chi fidarsi?
Dando prova di incredibile resilienza, a sette anni dall’inizio dell’aggressione l’esercito arabo siriano,  a dispetto dei ricorrenti bombardamenti della coalizione Usa, qui come in Iraq addirittura con il criminale fosforo bianco, ha riconquistato larghe fasce di territorio nel deserto che unisce Siria e Iraq e pare possa riprendersi anche Deir Ezzor, centro strategico assediato dall’Isis dal 2013. Che si possa congetturare uno scambio Raqqa-Deir Ezzor concordato tra Usa e russi? E la svolta anti-Qatar, con turchi e iraniani uniti nel sostegno dello spuntone gassifero, modificherà il ruolo, fin qui scellerato, del Qatar in Siria? I jihadisti, sostituiti dai curdi e sotto tiro, quanto meno verbale, di sauditi e Usa, metteranno la coda tra le gambe e svaporeranno, o saranno adibiti ad altri compiti, tipo terrorismo stragista dove occorre? I britannici, da sempre affettuosi padrini dei Fratelli Musulmani, li molleranno per affinità anglosassone con gli Usa e rapporti di mercato e istituzioni con i Saud?

E i russi? Che assistono abbastanza passivi alle ricorrenti incursioni di israeliani e Usa contro civili ed esercito siriani, limitandosi a una deplorazione e a un’invocazione che non si faccia più. E che hanno sancito le aree di de-escalation sottratte al  governo di Damasco. Eppure sono impegnati nella guerra all’Isis. Eppure figurano da difensori della Siria e del diritto internazionale…Ora, finalmente, dopo lo scandaloso abbattimento di un jet siriano che stava operando contro l’avanzata della marmaglia curdo-statunitense su Deir Ezzor, la reazione russa pare diventare più dignitosa: qualsiasi intervento aereo della coalizione Usa al di qua dell’Eufrate (perché non al di là???) sarà legittimo bersaglio delle forze patriottiche. Se son rose fioriranno

Le variabili sono parecchie. E così le domande in attesa di risposta. Però le spine ci sono e pungenti. Azzardo, io, una variabile. La risposta che i russi hanno annunciato nel caso che gli invasori Usa e i pulitori etnici curdi continuassero a colpire le truppe siriane – risposta difensiva che per il “manifesto”  si deve definire “minaccia” – potrebbe essere uno zuccherino offerto a Damasco per l’ormai evidente abbandono dell’impegno all’integrità territoriale del paese. Con il progetto di costituzione “decentralizzata” (leggi spartizione) fatto circolare a inizio anno e l’istituzione delle quattro aree di de-escalation lasciate in mano a turchi, jihadisti e curdi, ci sarebbero buoni motivi per sospettare che tra russi e Usa si sia arrivati a un tacito accordo sul male minore per entrambi: la divisione del paese in sfere d’influenza. Fine della Siria libera, indipendente, laica, sovrana, democratica. La domanda è se gli altri ci stanno.

Spartizione sottobanco? Chi ci sta e chi no.

Gli altri sono Damasco, che ha già manifestato una sua autonomia in merito attaccando la coalizione Usa-curdi-Isis in avvicinamento dalle parti di Raqqa; l’Iran, che, per la prima volta, ha tirato missili sull’Isis a Deir Ezzor; gli Hezbollah che hanno liberato aree sul confine siro-iracheno e i turchi che stanno con chiunque stia contro i curdi. Sullo sfondo anche il Qatar, in odio ai concorrenti del Golfo, con però la libertà di manovra che (non) gli concede quella grande base Usa. Usa, Sauditi con satrapi minori e Israele, la triade fine-del mondo arabo (e non solo), questi sviluppi non li avevano calcolati e ora gli tocca vedere se, pur di far fuori il renitente Iran, gli conviene giocarsi il più forte contraente militare alleato, la Turchia, gia contrappostasi vigorosamente con l’invio di truppe in Qatar. In Iran, poi, va visto chi tiene il mattarello, se il filoccidentale neoliberista Rouhani, o la Guida Khamenei con le Guardie della Rivoluzione impegnate in Siria sul terreno.

L’Egitto di Al Sisi e “il manifesto” degli utili compatibili
Poi c’è l’Egitto. Tanto detestato dai sinistri quanto questi, in logico sequitur, se ne stanno ammansiti, e perfino compiaciuti, agli ordini del giorno dei feldmarescialli imperiali. Nell’organo della sinistra imperialista, “il manifesto”, riescono a convivere, senza attriti e peli sullo stomaco (che nel caso dovrebbero essere setole), da un lato gente che in geopolitica fornisce viveri politici e supporto morale alle armate di quei feldmarescialli e, dall’altro, un crocchietto di comunisti,antimperialisti, terzomondisti e filo palestinesi. Schierarsi con i palestinesi è giusto, ma, nella loro attuale inoffensività, assolutamente tollerabile. Sostenere i progressisti dell’America Latina non importuna né l’ENI, né il nostro turismo. Fare il bignamino, in fondo alla penultima, dell’armamentario terrestre, aereo, navale, spaziale, nucleare di Usa e Nato, non disturberebbe neanche la rivista della Pinotti, “Analisi Difesa”.


Decisivo per questa gazzetta dei “valori occidentali” e per il nulla osta che conta, è condividere tutto quello che pensa, dice e fa Soros, far passare l’emergenzialista post-nazista Macron teneramente per “centrista”, spendersi appassionatamente per Hillary, far l’occhiolino a Fassina&Fratoianni e l’occhiolone a Pisapia-Bersani, esaltare come martire la spia Regeni, lanciare brigate internazionali rossandiane contro la Libia, deformare ogni governo ostico alla civiltà euroatlantica in feroce dittatura, lubrificare con l’ipocrisia della solidarietà lo spopolamento del Sud del mondo per mano di Soros, Ong e F16 Usa-Nato  e puntellare qualsiasi truffa, menzogna, false flag, che l’Impero s’inventi per sodomizzare qualcuno. Ogni nefandezza è salva se piangi sugli esodati, o brandisci la CGIL, o dai dello xenofobo, dell’omofobo, del populista a chi non si accompagna a Vladimir Luxuria o non picchia in testa agli euroscettici. Ma l’appartamento in cui si fanno riunioni contro l’ascensore che manca, o le barriere architettoniche, o perché il cortile accolga 32 senegalesi, o per protestare contro il chiasso che  fanno le parate Nato, è perfettamente integrabile in un edificio dal cui terrazzo si spara sulla folla.

Dicevo dell’Egitto e chiudo. In apertura vi ho invitato a visitare questo link

E’ uno straordinario intervento del presidente egiziano, Al Sisi, quello che sostiene Haftar e i gheddafiani in Libia, al vertice Usa-arabo di Riad. E’ una denuncia articolata, veemente e completa del terrorismo e di chi lo ha inventato, se ne serve, lo recluta, lo finanzia, lo addestra ne promuove i genocidi e la distruzione di popoli e nazioni. Sono le cose che noialtri “complottisti”, populisti, sovranisti, eversori anti-establishment e, parlando seriamente, onesti comunicatori e autentici antimperialisti, denunciamo da anni. Venendo dal capo del più influente e importante paese arabo e africano, piagato dal terrorismo dei Fratelli musulmani-Isis da quando il popolo egiziano si era liberato del despota islamista Morsi, l’accusa di Al Sisi e un atto di coraggio fenomenale e di verità incontestabile. Notare nel video le reazioni di Trump e di Re Salman, a cui Al Sisi quelle accuse le ha lanciate in faccia.


Non stupisce per niente che “il manifesto”, capogita delle spedizioni mediatiche contro l’Egitto laico e indipendente, Egitto oggi amico di Mosca e della Libia liberata, ne abbia tratto lo spunto, con la stridula voce dei suoi cantori sorosiani, per rovesciare sul paese e sul suo presidente l’ennesima caterva di calunnie e menzogne. Pretesto, come giorni prima con la Russia, la messa sotto sorveglianza delle Ong. Niente che possa essere confrontato con la repressione delle Ong israeliane che sostengono i diritti dei palestinesi, tipo Betselem. Alle Ong in Egitto, come a quelle i n Russia, Venezuela, Ungheria, che sappiamo essere ciò che i missionari erano per i colonialisti, si registrino e denuncino i fondi che ricevono dall’estero. Ed evitino di utilizzarli per operare in favore di potenze nemiche, alla maniera del Regeni, l’operativo di una multinazionale dello spionaggio e degli squadroni della morte.  Chissà se Soros ne sarà contento. Dopotutto risparmia.

domenica 18 giugno 2017

IL GRAN MAESTRO, ROOSEVELT E L'OMINO DI PUTIN ( e di Radio Liberty)


Il 14 marzo scorso a Londra, capitale storica della massoneria inglese, alla quale obbedisce il Grande Oriente italiano, organizzato da un’associazione di stampo mondialista e amerikkkano (Roosevelt Movement London), si incontrano, confrontano, condividono e filmano per quasi tre ore il Gran Maestro Gioele Magaldi – quello "democratico"– e Giulietto Chiesa.

Il video si trova in Youtube digitando Magaldi e Chiesa: https://youtu.be/tYPa4TarfKs. In allegato riporto un testo tratto dal sito InformISKRazione.

Testo ironico, anche troppo soft, su un fatto che io trovo sconvolgente per cinismo, disinvoltura politica, implicazioni altamente sospette.
Altri vi troveranno niente di sconcertante. A me riporta alla mente i 10 anni in cui Giulietto Chiesa ha lavorato per Radio Liberty/Radio Free Europe, emittente della rete Cia che negli stessi anni seminava depistaggi, menzogne e distorsioni finalizzate a destabilizzare la Jugoslavia e altri paesi nel mirino imperialista.

Già solo partecipare da interlocutore, alla pari, ospite pagato di un’organizzazione di dichiarata tendenza reazionaria e globalista, a un incontro con un alto rappresentante di quella sentina di ogni fetenzia antipopolare, elitista, irrazionalista, anticomunnista, che è la massoneria, lo trovo raccapricciante. Anche se Chiesa fosse arrivato lì solo per tirare in faccia a Magaldi un bicchiere di acqua. Tutto questo mentre ancora una volta benintenzionati in Parlamento, della Commissione Antimafia, tentavano invano di ottenere dalle logge i nominativi dei membri. Alla faccia della Costituzione, di Tina Anselmi e della più elementare democrazia.

Sconveniente almeno quanto rilanciare e riaccreditare la balla dei piloti sauditi che dirottano quattro Boeing e demoliscono tre torri e un Pentagono. Scusate se insisto, ma il dato apre questioni grosse.

Il dibattito è aperto.
Difensori di Chiesa a prescindere, armatevi e partite.

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DENS DŎLENS 259 – MASSONI E CHIESA
di MOWA
Una ne fa e cento ne pensa il leggendario giornalista “un po’ filorusso” Giulietto Chiesa.
Questa volta, Giulietto Chiesa, ci ha sorpresi più di quando ha partecipato alla trasmissione de “La gabbia” di Gian Luigi Paragone, infatti è stato ripreso al tavolo di chi presiedeva un’iniziativa organizzata dal The Roosevelt Movement UK, alla London Metropolitan University, insieme al presidente e massone del Grande Oriente d’Italia Democratico, Gioele Magaldi.
Ben due ore e 42 minuti di insensati motivi a partecipare ci devono far riflettere su dove si voglia andare a parare visto che la massoneria si sta ulteriormente posizionando sul versante dei movimenti della contestazione al sistema capitalistico con una visione della storia, ovviamente borghese, fortemente rivisitata per non dire revisionisticamente deleteria per gli oppressi.
Si è rimasti sorpresi per lo spot pro-massoneria (e come non avrebbe potuto esserlo!) vista la presenza di Gioele Magaldi e della sua creatura movimentista, tutto ciò non avrebbe dovuto lasciare indifferente Giulietto Chiesa viste le continue castronerie sostenute dal maestro.
In particolar modo, Chiesa, avrebbe dovuto reagire sentendo il massone, in più occasioni, sostenere dei veri e propri ammiccaménti:
“…nonostante la differenza di analisi potremmo trovare una sintesi accettabile, in termini di azione… E questo è molto importante…” (34′ 00”)
oppure,
“…si ricorda che Giulietto Chiesa è stato comunista… lo è stato, come tanti, anche mio padre era stato comunista”… “io il comunismo non l’ho mai amato fin da ragazzo…” (37′ 40”)
e, ancora,
“…detto tutto questo, e quindi ci sono molte ragioni, per le quali (io credo), potremmo fare un bel pezzo di stada insieme, per costruire in qualche modo, senza prosopopee e senza (voglio dire) velleitarismi… ma occorre, invece, di frazionare unire le forze di tutti, nella prospettiva, facendo ognuno quello che può e quello che deve, di costruire un mondo più giusto…” (41’10”)
Cosa voleva intendere, Magaldi, con il pronunciamento che “occorre, invece, di frazionare unire le forze di tutti” visto il suo punto di vista lontano (ed ammesso) dai comunisti?
Sappiamo cosa produsse e quanti soggetti riuscì ad infinocchiare sulle prospettive il “concerto” suonato in sintonia tra Magaldi con il trotzkista Moreno Pasquinelli, di qualche tempo fa.
Tanto più quando il, volutamente e determinato confusionario massone, ascrive la più grande (quanto probabilmente il suo ego) panzana parlando di un Marx metafisico (57’45”), inoltre critica le analisi di Marx sulle rivoluzioni di quel periodo, dicendo che non erano borghesi ma interclassiste, la sua è proprio una “falsificazione storica” (54’18”) che non persuaderebbe nemmeno il più impreparato dei comunisti.

Senza contare che Gioele Magaldi, nella sua sciorinata profusione di complimenti pro-massonici, continuava ad intercalare un “diciamo” che, per modulazione della voce, ricordava moltissimo il baffetto Massimo D’Alema e lo rendeva ancor più antipatico di quel che empaticamente fosse.
Sentendo parlare Magaldi, possiamo affermare che Antonio Gramsci, sulla massoneria, avesse ragione, quando pronunciò il discorso alla Camera [16 maggio 1925] contro il disegno di legge Mussolini-Rocco:
“…Che cos’è la massoneria? Voi avete detto molte parole sul significato spirituale, sulle correnti ideologiche che essa rappresenta, ecc.; ma tutte queste sono forme di espressione di cui voi vi servite solo per ingannarvi reciprocamente, sapendo di farlo.
La massoneria, dato il modo con cui si è costituita l’Italia in unità, data la debolezza iniziale della borghesia capitalistica italiana, la massoneria è stata l’unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo. Non bisogna dimenticare che poco meno che venti anni dopo l’entrata a Roma dei piemontesi, il Parlamento è stato sciolto e il corpo elettorale da circa 3 milioni di elettori è stato ridotto ad 800mila.
È stata questa la confessione esplicita da parte della borghesia di essere un’infima minoranza della popolazione, se dopo venti anni di unità essa è stata costretta a ricorrere ai mezzi più estremi di dittatura per mantenersi al potere, per schiacciare i suoi nemici di classe, che erano i nemici dello Stato unitario. …”
“…la massoneria è la piccola bandiera che serve per far passare la mercé reazionaria antiproletaria! Non è la massoneria che vi importa? La massoneria diventerà un’ala del fascismo. La legge deve servire per gli operai e per i contadini, i quali comprenderanno ciò molto bene dall’applicazione che ne verrà fatta. A queste masse noi vogliamo dire che voi non riuscirete a soffocare le manifestazioni organizzative della loro vita di classe, perché contro di voi sta tutto lo sviluppo della società italiana…”
Ma, soprattutto, quanta poca memoria hanno alcuni comunisti, “un po’ filorussi” alla Giulietto Chiesa, ad accettare tali inviti da parte di massoni di così “alta levatura” come Gioele Magaldi (Gran Maestro)! Un Gioele Magaldi che appartiene ad un’organizzazione massonica che di democratico ha solo il nome e che prefigura una lotta senza quartiere contro i propri antagonisti naturali: i comunisti ed il comunismo. Un comunismo, oltretutto, osteggiato in tutti i modi dalle formazioni della massoborghesia perché, nella sua impostazione culturale, non accetta la logica della piramide dove un’èlite di uomini primeggia su altri uomini, riconoscendo, invece, una società, in cui gli esseri umani siano, veramente, tutti eguali …, e non nelle sole enunciazioni di principio come affermano le varie “fratellanze”.
Un mondo comunista, si diceva, come sviluppato negli studi storico-scientifici dai vari Marx, Engels, Lenin, Stalin, Gramsci, Togliatti… osteggiato nel tempo, più per discredito ideologico che per conoscenza, da diversi soggetti politici, nel tentativo di diffonderne una pessima immagine in tutte quelle realtà che stavano (e stanno) provando a realizzarlo.
Infatti (anche in quest’occasione), le due presenze all’iniziativa londinese (Magaldi – 1h 25’08” – Chiesa – 25’35”) erano accomunate nel discredito della Repubblica Popolare Cinese che sta tentando, tra mille difficoltà, di realizzare un modello ad indirizzo socialista. Un paese descritto da entrambi (anche se con diversa enfasi) come castrante delle libertà benché, per loro stessa ammissione, non lo conoscessero a fondo .

D’altronde, ad un giornalista che replica all’esponente della massoneria, Magaldi:
“…io alcune di queste questioni non ne ho conoscenza, non sono mica preparato. La mia conoscenza storica è molto limitata… Io non ho nulla da obiettare alla distinzione all’elogio della massoneria del secolo XVI-XVII. Non la conosco… ma le cose che più o meno so non contraddicono quello che dice Gioele Magaldi. Ma quella massoneria, di oggi, che abbiamo di fronte non ha nulla a che vedere con quella massoneria. Quelli che io considero padroni universali sono dei criminali intenzionali…” (1h31’44”)
cosa si può dire?
Non sapeva, forse, il giornalista “un po’ filorusso” Giulietto Chiesa che Marx, Lenin, Gramsci… si pronunciarono duramente contro la massoneria perché antitetica al comunismo tanto da arrivare ad estromettere (cacciare!) alcuni membri dall’ Associazione internazionale dei lavoratori, membri come il gran maestro della massoneria Bakunin e Mazzini?
Ricordiamo che Marx, nella seduta della conferenza di Londra dell’Associazione internazionale dei lavoratori del 22 settembre 1871, indirizzando il discorso ai massoni Mazzini, Bakunin e al suo socio Neciaev, per i metodi settari e terroristico-cospirativi, affermava:
«Nei Paesi in cui la regolare organizzazione dell’Associazione internazionale è resa temporaneamente impossibile a causa dell’interferenza del governo, l’Associazione e i suoi gruppi locali possono essere ricostituiti sotto qualsiasi altro nome, ma le società segrete nel senso proprio della parola sono formalmente proibite».
Marx, poi, proseguiva nel ragionamento:
«…questo tipo di organizzazione è in contraddizione con lo sviluppo del movimento proletario, dato che queste associazioni (segrete), invece di educare i lavoratori, li assoggettano a leggi autoritarie e mistiche che ostacolano la loro autonomia e indirizzano la loro coscienza in una direzione sbagliata. Le società segrete violerebbero il carattere dell’Associazione internazionale dei lavoratori; di esse possono servirsi i carbonari; esse non servono gli interessi del movimento proletario».
Non suggerisce nulla, al giornalista “un po’ filorusso” Giulietto Chiesa, quanto scritto nel libro di Gioele Magaldi Massoni , l’appartenenza di Putin alla massoneria?
E, al leggendario “un po’ filorusso” Giulietto Chiesa non viene qualche dubbio, ascoltando la battuta rivoltagli da Magaldi (fatta, forse, per portarlo fuori pista visto che l’ex presidente dell’URSS apparteneva in qualità di presidente ad uno dei più importanti ed esclusivi think tank come il Centro Pio Manzù) “…sicuramente ho più simpatia per Gorbaciov, come te...” (1h25’36”)?
Non dicono nulla, al leggendario giornalista“un po’ filorusso” Giulietto Chiesa, le parole di Gramsci che definiva i massoni “l’unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo” e che hanno come unico scopo quello di “…far passare la mercé reazionaria antiproletaria!”
E, per rimanere con Gramsci,in “Passato e Presente” quando sosteneva, anche,
“…che è preferibile il briccone allo sciocco, perché col briccone si può venire a patti e fargli fare il galantuomo per tornaconto, ma allo sciocco… sequitur quodlibet.”
Si sottolinea che il The Roosevelt Movement UK, è quello a cui fa riferimento il Presidente Franklin Delano Roosevelt, presidente che assunse il comando delle forze armate statunitensi dopo l’attacco a Pearl Harbour, che fece la dichiarazione di guerra al Giappone l’8 dicembre 1941, che maturò il Progetto Manhattan che si concluse con il drastico sganciamento di due bombe atomiche contro i cittadini inermi di Hiroshima e Nagasaki da parte del suo successore, il neo presidente Truman.
Nello storytelling (narrazione) di Magaldi traspirava tanto di quel revisionismo storico che se ostinato qualcuno potrebbe essere convinto della bontà della massoneria invece di riconoscerne la pericolosità onde evitare che si formino suggestive ma, pur sempre fantasiose culture. Le narrazioni dei massoni sono un po’ come il caso di quello scolaro delle elementari (se non fosse stato ripreso dalla maestra), che, in una interrogazione di storia, ripeteva l’episodio di “Roma contro Cartilagine” e a cui l’insegnante, per stare al gioco sullo strafalcione dell’alunno, replicava con altrettanta ironia “Sì, nella famosa battaglia di Artrosi!”… Dopo, però, l’educatrice spiegò bene all’alunno cosa successe e non rimase l’equivoco storico-lessicale.

 


giovedì 15 giugno 2017

In vista dell'Italia: la Grecia in italiano



https://comedonchisciotte.org/guarda-in-camera/

A questo link potrete trovare la traduzione, fatta dal bravo e gentile Franz per l'ottimo sito comedonchisciotte, del reportage di Panagiotis Grigoriou, etnologo e storico, scritto sul  nostro comune viaggio per la Grecia massacrata da Commissione Europea, FMI e BCE  su mandato dell'élite mondialista finanziaria e tradita dal fellone infiltrato Tsipras. Quello Tsipras che abortì addirittura un partituccolo politico  capeggiato dal mangiacinquestelle Marco Revelli, quello Tsipras uno dei transeunti miti del "manifesto" e di altre animelle belle dei soliti collateralisti sinistri. Ricordate la grottesca "brigata Kalimera" che si aggirava tra greci accoltellati alla schiena e suonava cimbali e arpe e intesseva lauri e velli d'oro al nuovo Temistocle vincitore dei persiani.



Un fervore forse attribuibile alla preveggenza delle varie Castelline e Rossande e Rangiere manifestaiole: oracolesse che avevano previsto il connubio da lì a poco celebrato a Tel Aviv tra il loro eroe omerico e il campione locale di ogni scelleratezza, con tanto di territori dei due Stati circonfusi sul piano operativo militare e terroristico nello stesso ambito geografico. Avremo, dunque, dinamitardi Mossad a portata di traghetto sotto bandiera bianco-blu. Ne aveva da festeggiare la Brigata Kalimera. Chissà se i vari dinucci, giorgi, colotti hanno goduto del buffet.


Sarebbe utile (o forse inutile) che questo preludio al nostro prossimo docufilm sui crimini euroatlantici a danni del Sud Europa venisse fatto leggere agli irriducibili lisergici dell' "Altra Europa con Tsipras" nei quali si intravvede la sintomatologia dei lemmi che si suicidano in massa ("massa" si fa per dire) e che ora hanno insufflato fiati di autodistruzione nella già di per sè nata male consorteria elettorale confederativa di Anna Falcone e Tomaso Montanari. I girotondi continuano a girare. A quando finalmente "tutti giù per terra"? 

https://comedonchisciotte.org/guarda-in-camera/

domenica 11 giugno 2017

ROMA - L'ERITREA, L'AFRICA IN CAMPIDOGLIO. FACCIAMO CHIAREZZA, SMASCHERIAMO I CALUNNIATORI, FERMIAMO LE AGGRESSIONI



Mercoledì 14 giugno, alle 17.00 nella SALA DELLA PROTOMOTECA del CAMPIDOGLIO, ROMA, Fulvio Grimaldi presenta il  docufilm “ERITREA, UNA STELLA NELLA NOTTE DELL’AFRICA”, girato pochi mesi fa tra i cittadini, 
operai, studenti, donne, contadini, artisti, politici, tra costa del Mar Rosso, altopiano, deserto e le bellissime città del paese.
 
Sarà l’occasione per gettare luce su un continente oscurato da un’informazione ligia ai grandi interessi neocolonialisti che puntano a spar
tirsene le ricchezze e, a questo scopo, ne promuovono il saccheggio e lo spopolamento.

Sarà anche l’occasione per fare chiarezza sulla realtà della nostra ex-colonia Eritrea, tradita e abbandonata dai governi italiani e che, situata in una delle posizioni strategiche più cruciali del mondo, tra Mar Rosso e Oceano Indiano, tra Est e Ovest e Sud e Nord, e preda ambita del neocolonialismo.
Per la difesa orgogliosa della sua sovranità e del proprio  modello economico e sociale,
un’eccezione e un esempio di cui si teme il contagio, l’Eritrea è sottoposta da anni a sanzioni, a campagne diffamatorie e ad aggressioni militari da parte di regimi clienti dell’Occidente. E’ ora di ristabilire la verità su questo paese di cui per oltre mezzo secolo l’Italia è stata il padrone coloniale, ma con cui ha anche condiviso rapporti di affetto e amicizia e il cammino verso la modernità.

domenica 4 giugno 2017

CORBYN TALLONA MAY? URGE ATTENTATO - Trump, clima e l'Arcadia degli ipocriti


(Ci risentiamo tra un po’, sto in giro per il documentario)

Finiti i botti, si può anche sospendere la campagna elettorale
Se lo devono essere detti l’MI5, l’MI6, la loro dependance Scotland Yard, i fratelloni Mossad, CIA e i suoi 14 nipotini in Usa, i cugini delle varie marche imperiali europee, alla vista di uno che s’impegnava per un apocalittico cambio “dalla politica per i pochi alla  politica per i tanti” (Jeremy Corbyn). Roba mai vista da quando l’UE è entrata in funzione su mandato Rothschild, Rockefeller, Bilderberg e galassia finanziaria globale. Anatema. E così, dopo gli impiegati e il poliziotto sul Ponte di Westminster e i ragazzetti al concerto di Manchester, è toccata ai flaneur e alle flaneuses serali sul London Bridge e nei pub sottostanti a finire, come va il trend di questi tempi, sotto un veicolo e tra le lame dei servizi. 4 morti, più 22, più sette = 33, più parecchie decine di feriti, mutilati, menomati. Esito di una battaglia elettorale sul destino dei pochi e dei tanti. La May, primo ministro, ha cancellato quanto restava della campagna dei tanti. Se ne poteva fare a meno. Forse.

A Torino, nel tempo accuratamente costruito dal terrorismo di regime e media, in cui, se cade per terra un mazzo di chiavi,  o esplode una miccetta, o qualcuno starnuta forte, scatta il panico da attentato e conseguente fuga tumultuosa che travolge e schiaccia chi non corre abbastanza veloce, o non trova varchi, o è inciampato, per una partita virtuale su maxischermo si contano mille feriti e alcuni a portata di Caronte. In entrambi i casi, come in tutti quelli del prima e del dopo, il risultato è raggiunto. Colpendo nel mucchio. Di quelli che non c’entrano niente. Di quelli spendibili. Non una volta che si spari una bazookata contro le finestre di Goldman Sachs, o si faccia saltare la corrente alla NATO a Bruxelles, o si infili un candelotto sotto il sedile dell’ambasciatore saudita. Che sia mai. Non facciamoci del male da soli.

A cui si aggiunge un’altra considerazione. Social, vanterie degli specialisti e dei  ministri della “Sicurezza”, gole profonde della NSA, perfino il Report disinquinato di Sigfrido Ranucci (RAI 3), o le voci alternative di Pierluigi Paragone (La7), ci informano a valanga di quanto tutti siamo controllati, di come non sfuggiamo neanche al cesso o nell’alcova, di come il nostro cellulare racconti al collegato di che pasta siamo fatti e che pasta consumiamo, insomma come nulla di nessuno sfugga al Grande Occhio. Grande Occhio onnivedente e onniconoscente che resta cieco o chiuso quando gli formicolano davanti migliaia di reclute dell’Isis (chiamiamole così, per non disturbare), istruite nelle carceri o nei campi di Siria e Iraq, pendolari tra sgozzamenti a Mosul e Raqqa e deflagrazioni o piraterie stradali in Europa. “Li  conoscevamo, li abbiamo anche registrati, ma poi li abbiamo persi di vista…”.  Volatilità, volubilità, spensieratezze, disattenzioni, dei servizi di intelligence. Son ragazzi. Sempre meglio che farsi scoprire mandanti. “Tanto poi li secchiamo tutti”. Basterebbe sparare alle gambe, o tirare una siringa come alle pantere randagie, o un po’ di gas come i russi nel teatro di Mosca….Ma i morti non parlano.

Riscaldamento? Tutte balle.
Veramente volevo parlare d’altro. Poi questi ti prendono alla sprovvista e impongono le loro priorità. La storia migliore di questi giorni, prima di Londra e Torino, era quella di Trump distruttore del clima, terminator del pianeta. Esecrazioni, scomuniche, imprecazioni, sacrilegio. Tutti, nel solito arco da sinistra a destra, dal “manifesto” a Hillary Clinton (gemellaggio di antica data, celebrato da Soros), a fare i belli, puri e lindi e a candeggiare più bianco del bianco  l’unico nero di pelle e il più nero di tutti nell’anima che sia mai entrato nella Casa Bianca. L’ipocrisia al suo sublime.
Vediamo come stanno le cose partendo da un po’ più lontano. Sono i vuoti di memoria con cui ci  fregano.

Quel manigoldo inquinante di Trump, quei santi ecologisti di Clinton, Gore e Obama
C’ero anch’io al vertice del clima di Kyoto, Giappone, che si concluse con il peto omonimo chiamato accordo, del quale tutti poi negli anni, per loro i secola seculorum, se ne sono solennemente impippati. Brava gente, convinta di dover sistemare le cose, era andata fin sotto il Sol Levante a vedere di salvare cormorani, balene, foreste e vecchietti a rischiodi disidratazione. S’era visto un  laborioso tira e molla tra volenterosi (quelli in via di  soffocamento, o di annegamento) e neghittosi (quelli dello “sviluppo”). Si era arrivati a un qualcosa di appena decente che avrebbe dovuto assicurare il contenimento del riscaldamento climatico (a proposito di uova e galline: chi se ne frega se antropico o ciclico: il dato è la temperatura che sale e i gas che contribuiscono), prima che arrivasse Al Gore,. Si, fu quel Al Gore, che successivamente ecologisti e ambientalisti di bocca buona incoronarono principe senza macchia e paura  della, peraltro inusitatamente profittevole, Green Economy, a far saltare tutto.



Kyoto rasa al suolo da Gore
Ricordo che, piombato nella conferenza l’ultimo giorno, a buon accordo concluso, noi cronisti stavamo in una sala d’attesa dove il vice di Bill Clinton (marito della candidata cult del “manifesto”), animalista di prima classe canina, ci aveva lasciato in  compagnia del suo monumentale pastore tedesco. Unico membro della delegazione Usa, avremmo scoperto poi, a non impegnarsi per la rovina del globo. Gore prese a schiaffazzi  chiunque avesse anche solo un cappellino verde in testa, fin i poveri presidenti delle isolette del Pacifico con l’acqua alla gola, cancellò ogni cosa, ogni impegno vincolante e Kyoto generò l’aborto del cosiddetto mercato delle vacche per le emissioni clima mutanti: i ricchi comprano licenze di inquinamento dai poveri puliti. Cioè le multinazionali comprano il diritto a inquinare in altre aree del mondo, appunto quelle povere e sottosviluppate. Gore, tirando pugni sul tavolo, sentenziò che gli Usa non avrebbero firmato nessuna cosa che avrebbe imposto agli Usa e ai paesi industrializzati di ridurre le emissioni. L’inquinamento si fece merce e si poteva vendere e comprare nella forma dei “diritti di inquinamento”.  Accordo di Kyoto a puttane. Né più né meno di Trump.



Un milione a chi trova un presidente Usa ecologista
E né più né meno di Trump pure Obama, al vertice di Copenhagen e poi al COP21 di Parigi, solo che questo imperatoraccio killer di massa, nudo agli occhi di chi ha a cuore le sopravvivenza di sé, dei figli e degli altri viventi, viene rivestito con abiti sfolgoranti di candore da ancelle come “il manifesto” e altri commensali dell’imperialismo. Trovatemi un solo presidente Usa, da quando la questione ambientale e climatica è diventata un dramma della sopravvivenza, che non si sia mosso in direzione ostinata e contraria alla salvaguardia dell’ambiente. Che non sia quello delle tenute sue e dei suoi mandanti e cortigiani.. La linea è sempre quella, come in politica estera: dettata dai rettili aggrovigliati nello Stato Profondo.


Ah, l’Arcadia perduta di Obama!
Grandi annunci, grandi obiettivi, grandi impegni a vincolare il riscaldamento sotto i 2 gradi Ma…. Provvedimenti vincolanti e sanzioni in caso di mancata osservazione, zero. Tutta la COP 21 e i relativi festeggiamenti, fuffa. Anzi, truffa. E Snowden fece trapelare documenti che rivelavano come gli Usa, con le loro agenzie di intelligence, spiassero le altre nazioni (soprattutto le più volenterose: Danimarca e Cina), onde scatenare pressioni e lobby sui reprobi che si fossero azzardati a esigere condizioni vincolanti e sanzionabili.  Le associazioni ambientaliste serie definirono il COP21 una farsa, una vergogna, un raggiro. Le altre, allora a far finta e, oggi, a farsi rapire dalla nostalgia, come nel quadro del fiammingo Frans FranckenII:  pastorelli gioiosi e ninfe infiorettate che intrecciano danze ecologicissime a celebrare una finta Arcadia dell’armoniosa convivenza tra tutte le creature senza, sopra, neanche un filo di fumo nero e, sotto, una goccia d’acqua sozza.


E poi, per clima e ambiente, c’è la cura “guerra”.
Tanto per la coppia ambientalista Obama-Clinton. Quella a cui si ispira l’eco-indignato regime italiota mentre taglia fondi alla rinnovabili, promuove quelle fossili e intossica mari e terre con trivelle e pipeline. Quella del disastro Halliburton-BP nel Golfo del Messico. Quella del lancio delle estrazioni più nocive, inquinanti  e sismogeniche: scisti bituminosi e fracking. Quello delle sette guerre dove far passare oleodotti e gasdotti che rispondessero a Washington e ai suoi ufficiali pagatori nel Big Oil. Sette guerre, Afghanistan, Pakistan, Libia, Siria, Iraq, Yemen, Somalia, che già per conto loro, trasformando trilioni di dollari di cittadini in dimagrimento  in milioni di tank, blindati, veicoli aerei, navi, esplosivi e relativi carburanti, tutti all’ingrasso, tutti climamutanti, sono una bella dimostrazione di quanto Obama fosse migliore dello sproposito Trump. Tanto più che, a forza di uranio impoverito e un trilione per l'ammodernamento delle sue atomiche, ha pensato anche alle generazioni future.

Si, dice, ma ha tolto di mezzo anche alcuni milioni (tre solo in Iraq) di esseri umani e animali. Contro i gas serra, no? Non divoravano, questi qua,  ossigeno ed emettevano anidride carbonica? Gas climamutante. Che bravo Obama. Vero “il manifesto”?