venerdì 19 aprile 2024

C’è chi fa dell’aggressione la sua ragione di esistenza--- --- DOMANDA: CHI HA COMINCIATO?

 



 

Questa è la copertina del docufilm che ho girato in Iran. Si racconta chi è questo popolo antico e giovanissimo, fa parlare giovani, donne, combattenti, dirigenti. Smantella il menzognificio in cui hanno hanno cercato di rinchiudere l’opinione pubblica per prepararla all’aggressione che Israele da sempre sollecita e che altri vedono come propedeutica all’armageddon finale. E’ a disposizione per presentazioni e ordini

 Mio commento: https://www.youtube.com/watch?v=gvyrvE8Q1U4

https://youtu.be/gvyrvE8Q1U4

Byoblu-Mondocane 3/22, in onda domenica alle 21.30. Repliche, salvo imprevisti, lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 9.00

Un’analisi di quanto successo prima, durante e dopo la “notte dei fuochi” iraniana che ha colpito Israele nella sua giugulare, la superiorità militare: una base del Mossad e le due basi dell’aeronautica da cui era partito l’attacco al territorio iraniano nella sede diplomatica di Damasco con relativo assassinio di 14 persone. Nessun civile, nessuna infrastruttura civile. Quello che si è verificato è stato uno scontro tra terrorismo di uno Stato fuorilegge e un’azione militare con il sigillo del diritto internazionale.

Con la fine di una supremazia militare di cartone, già demolita nei sei mesi di fallimenti a Gaza, con il crollo definitivo e irrimediabile dell’immagine e del ruolo dello Stato sionista costruito sul presupposto ossomorico della coppia vittimismo-invincibilità, cambia il Medioriente e cambia il mondo di cui quella regione è l’ombelico.

L’Impero e i suoi vacillanti presidi nelle marche incamerano l’ennesimo rovescio. Non vogliamo parlare di sconfitta, che pure c’è ed è storica? Parliamo di mancato successo, cosa che, per un impero che passa dall’avanzata alla ritirata, significa sconfitta: Vietnam, Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, America Latina, dove a un’Argentina e un Ecuador restituiti a proconsoli, rispondono un Venezuela, un Messico, una Bolivia, una Colombia, un Honduras, una Cuba, un Brasile, un Nicaragua. Senza parlare dell’Africa del Sudafrica e poi dal Senegal al Sahel.

I sempre più patetici sicofanti del grumo euro-atlantico-sionista, di fronte a una nazione che si è dimostrata capace di uscire dal cerchio tossico dell’intimidazione tanto terroristica, quanto strategicamente fuffarola, si aggrappano al velo. Il mondo, noialtri, dove il femminicidio è diventato la variabile del rapporto uomo-donna, ci indigniamo per il velo, senza voler sapere che quel velo è indossato da donne che sono la maggioranza dei laureati, una presenza ai più alti livelli dell’accademia, dell’economia, della ricerca dell’amministrazione. E, comunque, se lo vorranno, se lo toglieranno loro, le donne iraniane, senza bisogno che l’Occidente glielo strappi a forza di calunnie, false flag, infiltrazioni di provocatori, spie, terroristi curdi e beluci.

Israele non si permetterà un attacco diretto all’Iran, proverà a salvare la faccia massacrando un po' di palestinsi a Rafah (Biden ha acconsentito), libanesi, yemeniti, iracheni, siriani. Sempre col solito risultato del contrappasso che diventa elemento strategico: la forza dell’odio suscitato tra chi sta con la verità, la giustizia, la libertà.. Lì e dappertutto.

Il periodo qui sopra l’ho scritto ieri, poi c’è stata la notte da giovedì a venerdì e la rivendicazione di Israele di aver colpito una base iraniana a Isfahan, città circondata dai centri di ricerca nucleare. Tuttavia confermo che Israele non ha osato un attacco diretto su suolo iraniano. Ha appreso la lezione della notte dei fuochi a casa sua dove, a dispetto della balla, smentita da tutti gli esperti e analisti non obbedienti, secondo cui avrebbe abbattuto il 99% di quanto lanciato da Tehran e amici, Iran ha colpito quello che aveva deciso di colpire. Facendo male. Lo confermano le riprese satellitari e la stessa stampa israeliana.

Rispondere a tono significava per Israele un altro manrovescio iraniano, possibilmente più sonoro e, allora, definitivamente addio al mito che tutti abbaglia di uno Stato sionista imbattibile e da evitare con cura di offenderlo (l’imbattibilità l’ha demolita Hamas in questi sette mesi e Hezbollah nel 2000 e nel 2006, quando Israele venne due volte cacciato dal Libano da milizie di contadini in sandali. Ora i missili di quelle milizie gli hanno svuotato di coloni il nord del paese).

Alla luce della storia e dell’attualità, credo più agli iraniani che ai sionisti e ai loro corifei: tre droni sono arrivati nel cielo di Isfahan e sono stati abbattuti. Sono partiti dall’interno del paese dove si sa che sono attivi dal 1979 i terroristi del MEK, “Mujaheddin del Popolo”, foraggiati da Washington, telediretti dal Mossad e ospitati in Albania. Infatti dello stormo di droni rivendicato da Israele, nessuno dei paesi sorvolati: Giordania, Libano, Iraq, Turchia, ha visto l’ombra. Anzi, le luci.

Nella puntata di Mondocane si va più a fondo di tutto questo e si esprime anche un ammirato grazie e forza! ai ragazzi delle università italiane, dei coordinamenti, del gruppo “Cambiare Rotta”. Quelli che il regime dei neofascisti belluini definisce “violenti”, se non “terroristi”. Così facevano sotto Scelba, ministro degli Interni degasperiano, anni ’50, quando si sparava con disinvoltura a contadini e operai. Così facevano per tutto un decennio, 1968-1977, fino a crearsi una propria costellazione di violenti da imputare al movimento insurrezionale per stroncarlo.

E così sono euforicamente tornati all’oggi degli assetti antisommossa con tanto di casco, visiera infrangibile, scudo, mazza di gomma con anima di ferro e, all’occorrenza, gas tossici, idranti colorati e Taser blocca-cuore. Di fronte, mani e facce nude e neanche quei bastoni d’antan dei cartelli o delle bandiere, da fingere una patetica resistenza. Ma chi è violento? Chi terrorista? Succede come tra Israele, Hamas e Iran: stessa inversione delle qualifiche.

Questi ragazzi sono l’eccellenza di un paese alla deriva reazionaria, autoritaria, floppista, fascistoide. Pagano con i propri corpi la lotta che conducono per altri, per i più perseguitati, maltrattati, massacrati e giusti del mondo. E contro chi, tra università complici finanziate dagli armaioli di Leonardo, blatera di liberi scambi accademici con università che forniscono agli operativi genocidi la strumentazione per fare dei palestinesi le cavie del mercato delle armi. Giù il cappello davanti ai nostri studenti e ai docenti che marciano con loro. Li aspettavamo dai tempi degli hub di vaccinazione. Sono arrivati. Grazie alla Palestina.

 

 

 

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lunedì 15 aprile 2024

IRAN-ISRAELE: COSA E’ SUCCESSO DAVVERO --- Italia, Antisistemici: cosa sta succedendo

 

 





 

Francesco Capo – L’Identitario: “Strategia e intrighi del Dissenso” con Fulvio Grimaldi, Gigi Lista, Marco Mori, Moreno Pasquinelli (l’elenco è alfabetico)

Il successivo link è di un’intera trasmissione di Vito Monaco, su Canale Italia, per chi avesse tempo e interesse per cosa va formicolando nel piccolo mondo dei sedicenti partiti antisistema e per chi volesse perforare il velo di Maja che la combutta politico-mediatica va tessendo attorno a quanto capitato a Israele nella nefasta/felice notte dal 13 al 14 aprile.

https://www.youtube.com/watch?v=YkMypiVGWdg

https://wetransfer.com/downloads/729c67cb24da6c390d689a67d949fadc20240415091209/86895d?utm_campaign=TRN_TDL_05&utm_source=sendgrid&utm_medium=email&trk=TRN_TDL_05

 

Il tasso di mendacità intorno all’ennesima debacle subita da Israele per mano dei suoi nemici è, per universalità e compattezza dei partecipanti, al livello di quelli dell’11 settembre, o del 7 ottobre, o della Donazione di Costantino. Massimo sforzo per massima bugia. Ne parliamo in apertura del programma di Francesco Capo, per poi divertirci e sconcertarci passeggiando tra quelli che si presentano, in vista delle elezioni Europee e del nostro futuro in genere, come schieramento antisistema: partiti, o presunti tali, da un lato, il movimento del Fronte del Dissenso, insieme a tante realtà associative locali, dall’altro.

Dei primi, dopo la radiosa alba della campagne per le elezioni politiche del 2022, poco rimane: diserzioni, spaccature, disfacimenti, a dimostrazione di un’abissale carenza di solidità ideologico-teorica, di faciloneria organizzativa, di disinvoltura politica,  insomma di pretese per le quali non esistevano nè le basi organizzative, né quelle programmatiche.

Rimane un perno, più della discussione che della rilevanza politica: una formazione al cui richiamo rispondono molti spiaggiati di altre esperienze. Quella guidata da uno che ha tutta l’aria di essere una specie di Silvio in sedicesimo, ma che è anche l’unico a promettere, col suo sicuro pacchetto di voti, qualche spiraglio di successo ai suoi candidati.

Molto più interessante è lo scenario delineato nella trasmissione di Canale Italia, dove si cerca di approfondire, sul tema dello scontro Iran-Israele, qualcosa di meno becero e manipolatorio di quanto impartitoci dal solito personale politico-mediatico di corte. Superiamo subito il mito, disperatamente perseguito anche stavolta, di un Israele onnipotente, invincibile, dotato del quarto o quinto esercito del mondo e, quindi, della migliore Difesa (chiamano così le costanti aggressioni sioniste) del mondo, Un mito necessitato dal bisogno di suscitare intimidazione e soggezione da un lato, rassicurazione e fiducia totali dall’altro. Fuori dal coro delle voci del padrone, ascoltiamo quelle dal resto del mondo.

Israele ha subito l’ennesima, umiliante sconfitta. Battuto e ricacciato oltre i confini due volte in Libano, 2000 e 2006, da una formazione di combattenti contadini in sandali, salvato dagli USA nella guerra del Kippur, dopo sei mesi di feroce aggressione a Gaza, senza il minimo scrupolo riguardo alle leggi internazionali di guerra e una determinazione illimitatamente genocida, non ha raggiunto neanche uno degli obiettivi dichiarati: la Striscia non è sotto suo controllo, Hamas non è debellato, gli ostaggi non sono liberati.

Nel frattempo si è formato un asse ostile regionale che la vede circondata: il Libano degli Hezbollah, gli Huthi nello Yemen, le Unità di mobilitazione Popolare in Iraq colpiscono Israele da mesi e sono stati parte attiva dell’offensiva della notte dei fuochi su Israele. Come capita all’Impero in decadenza, le difficoltà, la perdita di egemonia e, quindi, di prospettiva, inducono a colpi all’impazzata. Dopo i massacri di Gaza, i pogrom in Cisgiordania, ora contrastati da una resistenza armata di nuova formazione, Israele ha perso il controllo del suo nord (ne sono fuggiti 200.000 coloni) e, soprattutto, l’aura morale-scudo strategico per cui riusciva a passare per vittima, “unica democrazia in Medioriente” a cui tutto è lecito e tutto resta impunito. La caduta è epocale, irrimediabile.

A superare l’uragano propagandistico e a venire a sapere i fatti da chi li racconta onestamente, si capiscono le dimensioni anche della sconfitta subita l’altra notte in virtù della fenomenale destrezza militare esibita dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione, nella risposta al terroristico attacco subito alla sede diplomatica di Damasco con perdita di sei alti ufficiali. Al terrorismo praticato dallo Stato sionista e dagli USA, Tehran ha risposto con un’operazione militare di legittima difesa. Se oggi Tel Aviv dice di piegarsi alla spinta alla moderazione che le viene da sponsor e alleati, è perché sa che la risposta a una nuova provocazione gli costerebbe un prezzo insostenibile.

Nessuno nel nostro giro ci dice che il diluvio di ordigni volanti piovuti su Israele è stato preceduto da un attacco cibernetico degli hacker iraniani “Cyber Avengers” e “Hanzaleh Bammad”, che ha messo fuori uso gran parte della rete elettrica e di radar a Tel Aviv e nel paese, ostacolando la risposta tempestiva all’invasione dal cielo.

A questa operazione sono seguite le quattro ondate successiva di droni Shahed 136  e missili di crociera, balistici Kheibar Shekan e ipersonici Fattah. I primi intesi a distrarre dall’arrivo velocissimo dei secondi in partenza sia dall’Iran, sia dai paesi in cui agiscono i reparti dell’Asse della Resistenza.

Obiettivi colpiti, installazioni. Depositi di munizioni e arei F15,16 e 35 distrutti nelle basi militari fissati come obiettivi: Nevatim e Ramon, basi dell’aeronautica nel Negev (da dove era partito l’attacco alla sede diplomatica iraniana a Damasco) e Kila, sulle alture del Golan occupato.

Azione dimostrativa, certo, ma che contiene in sé la prospettiva di qualcosa che Israele non si è mai immaginato. Da lì, probabilmente, la “moderazione” che sospende per il momento ogni reazione.

Dettagli e approfondimenti nei programmi citati.

sabato 13 aprile 2024

Da Tel Aviv a Roma --- IL FASCISMO NON LI SALVERA’

 


 

Byoblu-Mondocane 3/21: In onda domenica ore 21.30, repliche, salvo imprevisti, lunedì 09.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00

Qual’è il rimedio delle classi dirigenti, politiche ed economiche (nel capitalismo liberista, tutt’uno) quando la crisi gli morde i calcagni? Il fugone nel fascismo, in qualsiasi nuova forma ritenuta adatta ai tempi. Oggi si presenta in veste psicomanipolatoria-tecnologica, ma senza mai rinunciare alla violenza fisica, a seconda dei casi pestaggi o mattanze.

Ecco cosa hanno in comune i massacri dei nostri fratelli in lotta a Gaza e in Cisgiordania e le teste spaccate dai gendarmi agli studenti delle università italiane – vera eccellenza del paese -  che rifiutano gli accordi voluti da Tajani e Crosetto tra ricercatori italiani (leggi Leonardo) e assassini di massa israeliani.

A questo proposito c’è da augurarsi una congiunzione tra generazioni: quella dei maturotti, più ansiosi per la propria sopravvivenza, e i giovanotti, dotati di lunga vita e, dunque, di sguardo più lungo e ampio. Gli stagionati in prima linea nel fronte contro l’assalto farmaceutico-disciplinare, capaci dii riconoscere e contrastare la nuova arma della guerra di classe dall’alto; gli imberbi, assenti o assonnati in quell’istanza, attenti allo sconquasso planetario delle trombe di guerra suonate tra Gaza e Donbass.

In tal modo OMS e NATO, farmaceutici e sionisti, sono stati riconosciuti come teste di un’unica Idra da abbattere per la salvezza del mondo e, individuate poi più agevolmente, altre teste del mostro, quali i gabbamondo climatici, di genere, migrazionisti e del terrorismo islamico, ecco che pare essersi ricomposto lo schieramento di popolo e di popoli che vinse la partita sul finire della prima metà del secolo scorso (prima di essere poi esautorato e ridotto a cartonati (celebrati, per esempio, il 25 aprile) dal continuismo autocratico euro-atlantista.

Schieramento, sia detto en passant, che trova una bella occasione per riconoscersi e proporsi come collegamento del particolare al generale, nel FORUM INTERNAZIONALE PER LA PALESTINA che a Roma si terrà il 20 e 21 aprile e di cui all’immagine qui sopra.

Tutto va benissimo. Nella varie, immonde e diseducative chat che sono costretto a frequentare in presenza della progressiva demolizione del corporeo e dell’avanzare della Stupidità Artificiale, sono largamente maggioritarie le voci pessimiste, addirittura depresse, che lamentano l’ottusità della gente, la sua cecità, la sua passività di fronte all’incalzare del nemico “Sistema”.

Qualche buon motivo c’è per darsi alla fuga, o alla disperazione. Il brutto e il malvagio sono attivissimi e si sentono sulla pelle. Ma risultano definitivi e vincenti solo a uno sguardo strabico, a chi tende alla rassegnazione, o per convinzione, o per comodità.

Già con l’Ucraina avremmo dovuto capire che i cingoli del famigerato sistema, stavolta in forma di guerra d’aggressione, fatta passare anche qui come “difesa”, stavano rallentando, se non addirittura rompendosi. Merito – ecco la positività che emerge – non solo del generoso e vincente impegno della Russia, vero e robusto presidio di civiltà e diritto, ma di un dissenso al comportamento belluino di un Occidente sfiatato e corroso espresso via via dalla maggioranza degli Stati e dei popoli. Quelli che chiamano il Sud Globale. Una cosa mai vista prima.  




Con l’autodafè sionista in Gaza e con la sua giustificazione – il 7 ottobre – andata man mano rivelandosi un enorme falso propagandistico, e con la successiva risposta di Hamas e della Palestina tutta (al netto di quattro cialtroni collaborazionisti che, come vediamo da noi, sono sempre da mettersi in conto), ad andare in buca hanno incominciato ad andare tutte le palle con i colori palestinesi.

Pensate, sei mesi di attacco del presunto quinto o sesto esercito più potente del mondo su una striscia di 160x10km, ospitante un formicaio di 2,3 milioni di persone, che ha subito perdite, rapportate alle dimensioni dell’avversario, senza precedenti nella storia dei conflitti che ha condotto (non ve le dicono? Ci sono). E nessun controllo sulla Striscia, anzi ritiro dalla metà di questa. Ostaggi non liberati. Hamas operativo in tutta la striscia e razzi che ancora piovono sugli insediamenti sionisti. A dispetto degli immani sacrifici, nessuna rivolta e rifiuto di popolo verso Hamas e le altre forze in resistenza.

La società israeliana esasperata e, per quanto ancora inquinata di militarismo razzista, in scontro diretto con il suo governo da oltre un anno. Colonie ai confini Nord e Sud di Israele svuotate di oltre 200.000 abitanti per sfuggire ai colpi da Gaza e dal Libano. L’Asse della Resistenza – Yemen, Iraq, Siria, Hezbollah - di giorno in giorno più capace di colpire all’interno dello Stato sionista: Eilat, Haifa, Ashkelon.

Il maggiore alleato costretto dal proprio elettorato ad assumere posizioni, seppure solo verbali, ma di notevole valore propagandistico, sempre più critiche e dure nei confronti del governo genocida. I governi amici in dissonanza totale con le proprie società. E su tutto la frantumazione dello scudo morale sotto al quale la vittima storica, affannosamente perpetuata, e la presunta vittima attuale, hanno commesso per 75 anni i più efferati crimini contro l’umanità. Non c’è scampo: Israele ha perso, la Palestina vince con riverberi strategici enormi nel resto del mondo.

Gli resta l’Iran e la capacità della mafia politico-mediatica di rovesciare la realtà nel suo contrario. Israele fa l’inconcepibile: bombarda una rappresentanza diplomatica in un paese sovrano e assassina. Lo Stato colpito (anche altre infinite volte dal terrorismo di matrice israeliana) assicura risposta a questa massima violazione del diritto internazionale. E succede che tutto il mondo è indotto, non a scandalizzarsi dell’enormità commessa dal solito Stato fuorilegge, a essere terrorizzato dalle cose terribili che può fare l’Iran. La minaccia non è più Jack lo squartatore, ma la sua vittima.

E da noi? Detto in breve, una classe dirigente bifronte, totalmente incapace, ignorante e incolta, e perlopiù senza scrupoli, ampiamente inquinata da ogni sorta di malaffare e ogni tipo di malavita, va cercando di trasformare la società su cui galleggia e di cui succhia il sangue in base passivizzata dello Stato di polizia, un blocco al tempo stesso totalitario e disgregato, disciplinato e disperso. Come sta bene ai fascisti e agli imperialisti che ne fanno uso. Gli strumenti stanno operando sotto i nostri occhi: premierato e autonomia differenziata. Solo che, diversamente da quanto succede in Palestina, di questo i nostri stagionati e acerbi si stanno occupando poco.

martedì 9 aprile 2024

Israele non vince, Hamas non perde LA PALESTINA ACCENDE IL MONDO Quisling collaborazionisti fuorigioco

 

Napoli, Università Federico II, La polizia aggredisce chi protesta contro gli accordi tra università italiane e israeliane.

 

Byoblu-“Che idea ti sei fatto”. Davide Porro con Roberto Hamsa Piccardo, già rappresentante delle comunità islamiche in Italia, Fulvio Grimaldi, Lorenzo Bernasconi, Istituto Machiavelli

https://www.byoblu.com/2024/04/08/gaza-orrore-senza-tregua-che-idea-ti-sei-fatto/

Un’analisi di cosa succede e di cosa si prospetta in Medioriente, a partire dal genocidio in atto a Gaza, dalla rivolta generale palestinese, dallo scontro tra Stato Sionista e Asse della Resistenza in Libano, Siria, Iraq, Yemen, all’indomani dell’attacco israeliano all’ambasciata iraniana a Damasco.

Una panoramica che parte dalla ritirata della FOI (Forza di Offesa Israeliana) dalla metà sud di Gaza, dopo sei mesi di offensiva del presunto “esercito più potente del Medioriente” che non è riuscito a controllare la Striscia, annientare Hamas e a ottenere il rilascio dei coloni israeliani catturati. Sconfitta secca. Catastrofe morale irreversibile.

Ciò che viene sempre trascurato, anche in ragione di una pervicace disinformazione dei noti media di servizio, è la feroce repressione condotta in Cisgiordania dai coloni, affiancati dalla FOI, contro quanto rimane della presenza autoctona, che si vorrebbe destinata, qui come a Gaza, a scomparire dalla faccia della Terra. Ai pogrom sionisti, però, risponde ora una sempre più diffusa e robusta resistenza nei territori occupati, non contenibile né dai coloni armati, né dall’esercito e né dal vergognoso collaborazionismo dell’isolatissimo vertice ANP, presieduto dall’88enne Quisling e sabotatore del riscatto palestinese, Abu Mazen.

Decaduto da quasi vent’anni per aver impedito elezioni in Palestina dal 2006, quando le vinse Hamas, questo sedicente erede di Arafat si è spinto fino a fare della polizia dell’ANP un servizio d’ordine degli occupanti israeliani e delle loro strutture di intelligence e repressive.

A questo proposito va segnalato un documento delle forze della Resistenza palestinese in Cisgiordania, diffuso dopo l’ennesimo attacco di questi pretoriani di Abu Mazen ai centri di lotta di Jenin, Tulkarem e Hebron. Il documento, firmato dalla Brigata di Jenin, massima roccaforte della Resistenza, denuncia l’intervento della “rinnegata Autorità Palestinese” contro le forze combattenti nel campo profughi di Nour Shams, a Tulkarem. L’obiettivo era la cattura di un dirigente di quella brigata, Abu Shujaa, Nel corso di uno scambio a fuoco è stato ucciso il combattente Motasim Al-Arif.

Nella totale passività di queste unità collaborazioniste, l’esercito israeliano ha in questi giorni condotto operazioni nei territori che, secondo Oslo, sarebbero sotto il controllo dell’Autorità Palestinese, operazioni finalizzate alla ricattura dei detenuti palestinesi liberati in seguito agli accordi di scambio con Hamas. Ultimo episodio: la ricattura di due studentesse dell’Università di Bir Zeit a Ramallah, Layan Kayed e Layan Naser, da poco rilasciate. Si può immaginare quale incentivo queste azioni piratesche possano rappresentare per indurre Hamas a liberare altri coloni catturati il 7 ottobre.

Il comunicato si conclude con l’impegno delle brigate a continuare la legittima lotta contro l’occupante e contro tutti i tentativi dei collaborazionisti di sabotare la resistenza.

Tutto questo ci induce a valutare nei giusti termini chi, anche da noi e ovunque fuori dalla Palestina, oggettivamente opera all’approfondimento delle divisioni nella società palestinese in lotta, sostenendo il ruolo di un vertice esautorato, squalificato, notoriamente corrotto, gradito agli USA e indecentemente collaborazionista, implicitamente (ma non solo) diffamando le forze della resistenza in cui si riconosce la popolazione.

domenica 7 aprile 2024

Nato in NATO

 


FINLANDIA: dodicenne entra in classe e uccide compagni

https://youtu.be/RSO6bQesH8M 

 

Come ha potuto succedere? Che mostruosità! Tutte quelle armi che circolano! Ma in che tempi viviamo! Colpa dei genitori….Colpa della scuola….

Sono le esclamazioni dei manigoldi ipocriti che tendono a ottunderci il cervello mentre cerchiamo di farci capaci dell’enormità di un bambino di dodici anni che entra in classe con una pistola e spara e uccide suoi compagni.

Si assembrano sugli schermi e nelle paginate psicologi, sociologi, esperti di ogni risma da un euro all’etto a disquisire sul fattaccio. E tutti, indistintamente, a mancare scaltramente la risposta principale.

Che è: CI VOGLIONO COSI’.

La Finlandia, dagli ampi e sempre vegeti trascorsi nazisti, si era fatta imporre dal Forum Economico Mondiale, quello del Grande Reset, una prima ministra di nome Sanna Marin, che, tra un festino alcolico e l’altro, ha fatto del suo paese il propulsore più accanito dell’attacco alla Russia, con implicito ingresso nella NATO e la gloriosa prospettiva di grandi mattanze reciproche. Questo l’antefatto e questa l’aria che tira nel paese del bambino che va a sparare in classe.

A cosa pensate servano i generali e ammiragli in classe, allestiti in combutta con i ministeri dell’Istruzione europei per celebrarci le grandi opportunità offerti ai giovani dalle forze armate di cui, è ovvio e non si dice – la misura ultima è quella della capacità di distruggere e uccidere.

Che ci fa una stampa che ogni due per tre si esalta alla militarizzazione di un mondo in cui la guerra diventa inevitabile, giusta, normale, anche bella? Anzi, unica igiene del mondo.

Cosa si aspettano quando la ducista Meloni e il commesso viaggiatore degli armieri, Crosetto, ci portano a modello criminali patentati come Zelensky o Netaniahu, impegnati a uccidere popoli, vuoi il proprio, vuoi quell’altro, ceffi psicopatici la cui mera esistenza  dimostra che i loro sicofanti hanno torto marcio?

Ma, soprattutto, come ti educo il pupo a vivere attivo e soddisfatto in un mondo in cui si deve assolutamente spaccare qualcosa o qualcuno, se non a forza di indottrinamenti agevolati da godimento e buoni risultati? Tipo i videogiochi che sono la tua, bambino,  principale finestra su un mondo che affascina, dà soddisfazioni, ti gratifica. Videogiochi che, quando non si tratta di orsetti o mostricciattoli grafici, ti insegnano una sola cosa: ammazzare, distruggere, incendiare, radere al suolo, far esplodere. E più lo fai e più vinci e più superi i compagni.

E se poi preferisci il cinema, eccoti quello americano che, grazie a opportune scelte di favore, alluviona ogni mercato audiovisivo modello di rapporti tra gli umani del tipo ravvicinato:  spararsi in faccia, torturarsi, lanciare missili, propulsori fotonici, pugni veri o a razzo, pugni rotanti, sbattere macchine contro grattacieli e grattacieli contro macchine…  Che tu faccia il cowboy, lo sceriffo, il poliziotto, il supereroe, il marine, il gangster, il modus operandi, lo stile di vita, massima violenza sull’altro.

 

E se sono bravi i poliziotti, vestiti da robocop, che rompono teste e gambe ai ragazzi e gli si dice bravi, non vuoi essere riconosciuto bravo anche tu rompendo la testa a un compagno tanto più debole e innocente rispetto a te, quanto lo sono quei ragazzi rispetto ai picchiatori con taser e manganello?

Hai visto Gomorra? Puntata dopo puntata, finisci proprio convinto che nella vita, se ti vuoi far rispettare e togliere di mezzo chi ti intralcia e ci prova addirittura nel nome dell’onestà e della solidarietà, devi fare come quelli là che vincono sempre, sono forti e non li frega nessuno, neanche se finiscono in carcere, dove comunque la fanno da padroni e sono vittoriosi lo stesso. E se muoiono ci hanno i fiori, il funerale di lusso e la lapide. E spesso perfino la Cassazione.

E così che Napoli resta quella che deve essere: un focolaio di malavita, sopraffazione, crimine che al regime permette di invocare e impiegare mezzi robusti per disciplinare la società. Tutta. Fuorchè quelli di Gomorra.

Detto questo, torniamo al bambino assassino di Finlandia e allarghiamo lo sguardo..

 

 

mercoledì 27 marzo 2024

BELGRADO 25 ANNI E ANDARE ATTENTATO A MOSCA PER LO STATO DI POLIZIA DA NOI GAZA, PACIFINTI AL VOTO ONU PALESTINESI? BUONI SOLO SE VITTIME LONDRA, GIUDICI DI ASSANGE TRA INCUDINE E MARTELLO

 

Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi per “Spunti di riflessione”

Il ringhio del bassotto: Belgrado, 25 anni dopo (con Fulvio Grimaldi)

https://www.youtube.com/watch?v=KkCLVOAsvJk

https://youtu.be/KkCLVOAsvJk



 


A Belgrado, quando l’Europa ha mutilato se stessa per la voglia USA di sfondare la porta jugoslava, e poi serba, verso l’Eurasia.

All’ONU un voto che sembra per una tregua Gaza, ma è per salvare la pelle al mostro bellicista nelle elezioni che devono sancire la guerra degli isolani anglosassoni ai continenti-mondo.

A Londra, magistrati di una corte che definiscono alta (High Court), ma che si sa popolata da cortigiani al servizio del sovrano, hanno ripetuto il rito col quale se l’erano cavata tempo fa: richiesta agli USA di fornire garanzie su alcuni punti sollevati dalla difesa di Julian Assange con riferimento al trattamento praticato dagli USA sui propri carcerati (vedi Guantanamo, Abu Ghraib, Alcatraz….). Assicurazioni già richieste e a suo tempo ottenute.

Ora il giochino s’è ripetuto. Ma qualche soddisfazione ne potremmo ricavare. La mobilitazione mondiale degli esseri umani non ancora metamorfizzati in mostri, o sagomati, hanno costretto i superpoteri a imbrigliare il loto fantoccio senile in qualche borborigmo di critica al Jack lo Squartatore della Knesset, lo si deve a una sollevazione popolare più forte, longeva e diffusa di quella che nel 2003 per poco non bloccò l’assassinio dell’Iraq. Con Assange è uguale. A dispetto degli ammorbidimenti che abbiamo subito a forza di vaccini, terrorismi climatici, spaventi da militarizzazione sociale e bellica, su Assange in tantissimi abbiamo capito e urlato che quella martirizzazione era la negazione a tutti della possibilità di sapere chi siamo, dove siamo, con chi siamo e cosa sta succedendo attorno a noi e su di noi.

A Mosca l’Occidente politico allestisce una strage che, punendo di striscio i russi per essersi schierati con Putin, si aggiunge alle operazioni guerra al terrorismo, guerra a tutti, pandemia, cambiamento climatico, sradicamento e destabilizzazione di popoli, conflitto di genere, per avanzare sulla strada della società totalitaria del Nuovo Ordine Mondiale.

I meno ottusi o boccaloni si sganasciano dalle risate per voler far passare per martiri ISIS una squinternata banda di drogati che, finito l’effetto insieme alla pallottole, arrivato il down mentre scappavano col mezzo malloppo anticipatogli, stavano arrampicati sugli alberi da dove imploravano pietà a chi li stava catturando. Proprio classici militanti dello Stato islamico che si immolano per Allah. Sono grossolanità di un’operazione che regge soltanto per l’affollarsi di stampelle fornite dai media di servizio. In fondo, conta solo che la gente pensi: “Ah, terroristi islamici? Proprio come Hamas…” Islamofobia a rinnovare Lepanto.

Tout se tient. E così chi mai, ora che a completamento arrivano le misure della dittatura sanitaria, ambientale, climatica, sociale, dell’OMS, al tempo stesso Fuehrer, Gestapo e Goebbels globali, avrà l’intemperanza, l’improntitudine, l’incoscienza di mettere in discussione quanto viene dettato per mettere in riga la società’?

Se l’autoterrorismo dell’11 settembre 2001 ha spianato la strada al Nuovo Secolo Americano (PNAC) con la sua guerra militare ed economica totale a chiunque, arabi, russi, cinesi, africani, latinoamericani e, su tutti, ai già docilissimi europei; gli attentati a Parigi, Bruxelles, Londra, Berlino, Monaco, Madrid, avevano sollecitato lo sbocciare ovunque di Stati di Polizia. E se l’Italia ne è rimasta risparmiate, è solo perchè Stato, Gladio e mafia avevano già provveduto, a forza di stragi, al disarmo psicofisico collettivo che queste operazioni perseguono.

L’attacco alla Serbia socialista, neutrale, non allineata, da noi condotto con sulla prua autoproclamati comunisti come D’Alema, Cossutta, Marco Rizzo (costui oggi di alemanniana consorteria), accreditatisi in tal modo presso i comandi atlantico-sionisti, è stato segnato da un fenomeno dei più abietti e tragici nelle vicende dei popoli. L’infamia più distruttiva addirittura di chi ti salta addosso con bombe all’uranio: la quinta colonna con il pugnale affondato nelle spalle di chi guarda in faccia il nemico.

I palestinesi? Meglio se vittime. C’è tutto un mondo, coltivato anche da certe soggettività palestinesi legate alla struttura ANP isolata a Ramallah, a cui i palestinesi sono graditi nella misura che soffrono e sopportano. Molto meno, anzi per niente, quando si alzano in piedi, combattono con tutti gli strumenti e i metodi che la lotta di liberazione, come sancita dal diritto internazionale, consente. Dalla loro costoro hanno quel settore, assolutamente minoritario ormai, del popolo occupato che ha pensato di risolvere le istanze di liberazione, statualizzazione, indipendenza, affidandosi a ”negoziati”, addirittura alla buona volontà del massimo sponsor del sionismo genocida, gli USA. Ed è stata la truffa di Oslo, ed è stata la costellazione degli insediamenti colonici, ed è stata la riduzione dello spazio dell’illusorio micro-pseudo-stato palestinese a isolotti separati e inermi sul 12% della Palestina.

In ogni situazione di conflitto, emergono forze conciliatrici che si affidano alla buona volontà del nemico, quando non si tratta di vere e proprie quinte colonne, come quelle succedutesi in tutte le destabilizzazioni da regime change attuate dall’Occidente politico dall’11 settembre in poi. Con, per iniziatori e protagonisti anche altrove, gli antesignani di OTPOR a Belgrado, la mobilitazione teppista, addestrata da esponenti della CIA e del Pentagono a Budapest, che rovesciò il governo di Milosevic in una Serbia distrutta e sbrindellata  da 78 giorni di guerra.

Noi stiamo con chi combatte e oggi siamo grati alla Resistenza Palestinese, con ogni evidenza sostenuta dalla stragrande maggioranza della popolazione, per essere riuscita, con sacrificio, intelligenza, eroismo, a rimettere la Palestina al centro dell’agenda mondiale e delle passioni degli uomini. La Palestina avanguardia della lotta alla guerra, all’imperialismo, al totalitarismo.

 

 

 

 

lunedì 25 marzo 2024

MOSCA: MODELLO 11 SETTEMBRE

 


E’ relativamente indifferente se il terrorismo colpisce New York, “il Mondo Libero”, o la Russia, il “capofila delle autocrazie”. L’effetto deve riversarsi sulle popolazioni occidentali, da mobilitare verso l’accettazione degli sviluppi previsti dalle fasi finali della guerra contro l’umanità. Risultati programmati:

1°) Ulteriore stretta repressiva verso la sorveglianza capillare e totale, fatta passare per “sicurezza”, e ulteriore accelerazione verso l’ordine mondiale totalitario, priorità da cui tutte le resistenze, opposizioni, divergenze sono annichilite in virtù della preservazione della vita (vedi vaccino);

2°) Ritorno a Lepanto. Rilancio dello scontro di civiltà con l’Islam che, in attesa della resa dei conti finale con l’Eurasia, consente l’esasperazione della mobilitazione psicologica delle masse in Occidente e della conseguente militarizzazione mirata all’ esplosione di conflitti in aree idonee (Iran, Kosovo, Bosnia, repubbliche asiatiche, Africa) a garanzia della preminenza dell’apparato industrialmilitare e dei suoi profitti;

3°) Rinnovata e rafforzata identificazione della principale organizzazione di Resistenza palestinese e araba, Hamas, e dei suoi alleati islamici in Iraq, Libano, Yemen, con l’internazionale del terrore islamista ISIS.

4°) Il dato che la Federazione Russa, comprendente entità islamiche alle quali la disinformazione occidentale già tenta di ricondurre l’origine, se non la matrice degli attentati di Mosca, ha basi di sicurezza e di coesione sociale e politica molto fragili, tali da indurre nella popolazione condizioni di paura, diffidenza, alienazione. Nel caso specifico, una punizione al popolo russo per aver decretato il trionfo di Vladimir Putin alle recenti elezioni.

Storia, logica, evidenze, la grottesca mistificazione dell’autoattentato dell’11 settembre, innesco della guerra finalizzata all’Armageddon, ci confermano, al di là di ogni dubbio o manipolazione propagandistica, a chi vada attribuita l’adozione dello strumento terroristico parallelo a quello mediatico e sanzionatorio, nella guerra di classe globale.

In ogni sua manifestazione interna, ed esterna, politica, economica, sociale, culturale, militare, il terrorismo ha nelle sue insegne le monete dell’imperialismo e del colonialismo. L’unica difesa.di chi viene colpito dal terrorismo sarebbe quello di rispondere con gli stessi mezzi e metodi,.elevandone il costo a chi ha iniziato a.praticarlo. Ma gli Stati di diritto rifiutano di ricorrervi e la Russia è uno Stato di Diritto. Gli Stati fuorilegge sono tutti da questa parte.

mercoledì 20 marzo 2024

25° dell’aggressione NATO --- IN SERBIA L’EUROPA SI SUICIDA --- Nasce la Sinistra Nato



Byoblu-Mondocane da Belgrado – Fulvio Grimaldi al Convegno Internazionale, 21-24 marzo 2024, nel 25° anniversario dell’aggressione Nato. In onda domenica 21.30. Repliche, salvo imprevisti, lunedì 09.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00.

Quelle che vedete qui sopra sono le copertine di documentari che ho realizzato in Serbia nel corso dell’aggressione Nato del 1999 ed eventi successivi. Scusate se stavolta parto da una vicenda personale. Credo lo giustifichi il suo carattere emblematico per quanto riguarda il passaggio della stampa dall’informazione, nei paesi sedicenti democratici, alla propaganda di servizio all’Impero. Una transizione che ha coinvolto ciò che si dichiarava di sinistra, con conseguenze di cui stiamo vedendo gli esiti, tra il catastrofico e il criminale, nel tempo dello scatenamento bellico dell’Occidente politico.

Ci sono due eventi nella mia vita e professione che mi paiono investiti di valore paradigmatico, per quanto capitati a un semplicissimo cronista di strada.

Bloody Sunday, la Domenica di sangue di Derry, Irlanda del Nord, quando accadde che fossi l’unico giornalista internazionale in presenza a documentare la strage di 14 inermi manifestanti per mano dei parà britannici; e una riunione di redazione al TG3, la mattina del 25 marzo 1999, dopo la notte in cui la NATO aveva iniziato l’attacco alla Serbia che avrebbe visto 78 giorni di bombardamenti a tappeto, anche all’uranio impoverito. Genocidio non è un concetto che nasce a Gaza.

Dopo aver per quasi un decennio operato a disintegrare la Federazione multinazionale, multiconfessionale, socialista della Jugoslavia, i quattro maggiori paesi europei, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, più il Vaticano del polacco Woytila, inserendosi con ruolo di mercenari nella “Guerra dei cent’anni” degli Stati Uniti (1917-2024), si avventano direttamente sull’ultima roccaforte di resistenza anticapitalista nei Balcani. Era la regione una volta di più da “normalizzare” in vista della conquista dell’Eurasia, innesco di una conflittualità che avrebbe coinvolto, e sempre più coinvolge, l’Europa.

Noi, avendo le basi USA e NATO in Friuli e nell’Adriatico, ci ponemmo in prima linea, a dispetto dell’opposizione maggioritaria alla guerra e di alcune manifestazioni oceaniche che ne denunciavano il carattere criminale. Protagonista assoluto di questo ritorno alla guerra  in Europa, quella che funambolescamente ancora oggi viene definita e, umoristicamente, si definisce “sinistra”. Al governo c’è il primo presidente del consiglio “comunista”, Massimo D’Alema, supportato da altri comunisti, addirittura più duri e puri, Cossutta, Diliberto e Rizzo (oggi in barca con Alemanno), tanto entusiasti dell’impresa da scindersi da Rifondazione Comunista, principale partito d’opposizione, per entrare nel governo di guerra. Noticina non irrilevante, alla luce dei suoi pronunciamenti di oggi: Sergio Mattarella è vicepremier e, poi, ministro della Difesa. Contribuisce a uccidere l’articolo 11 della Costituzione. Tutta gente spuntata dal taschino di Togliatti e De Gasperi, con inserimenti Gladio.

Torniamo alla mattina di quel 25 marzo. Direttore del TG3, Ennio Chiodi, democristiano “de sinistra”. Parola d’ordine per le varie edizioni di tg e rubriche: “E’ iniziato l’intervento umanitario contro il dittatore Milosevic”. Poco dopo partono le colonne dei buoni e giusti, spesso clericali, ONG e Centri Sociali, gli uni in perfetta malafede, gli altri ignoranti come cocuzze. Armati di razzismo suprematista, pregiudizio nazi-atlantico, elevati valori umanitari. Gli stessi, oggi, dei migranti, di Putin zar, del clima. Tutti a Sarajevo, “città martire”.

Spiccano Luca Casarini (oggi navigante migrantista, “santo subito” in Vaticano) e le sue tutine bianche, ospiti della TV di opposizione B52 di George Soros (Milosevic dittatore!), Sant’Egidio, Donne in Nero, ACLI, ARCI, la Caritas (ne fu scoperta ad Ancona una nave piena di armi per i kosovari). Insomma tutta la prospera brigata di pacifinti che tanto facilita le imprese imperiali. Nacque e si distinse allora la “Sinistra NATO”, o “dei diritti umani”, newsletter “il manifesto”, assurta sempre più ad autentica quinta colonna nelle marche dell’Impero.

Parto anch’io. Per Belgrado, con telecamera appena acquistata, in corriera con slavi che non volevano rassegnarsi al disfacimento del più originale e interessante esperimento politico, sociale e culturale, realizzato al di qua della cortina di ferro.

Sapevo della Serbia, dei tanti partiti che liberamente operavano nelle repubbliche e provincie (li ho incontrati in piena guerra a Belgrado, attivissimi nella loro sede), dei cittadini che liberamente votavano e, soprattutto, di una morsa economica micidiale sulla Jugoslavia, commissionata a FMI e BM dopo la scomparsa del maresciallo Tito perché, con il solito cappio del debito e poi della “riforme strutturali, approfittando di inediti disagi sociali e di attriti nazionalistici che, immancabilmente fomentati, ne sorgono, si arrivasse a rimuovere dalla scena una configurazione infida e spuria come la Jugoslavia, amica dell’URSS, capofila degli insidiosissimi Nonallineati.

Sapevo dello zuccherino dello spazio economico tedesco offerto da Berlino ai sudditi di Slovenia e Croazia, di Woytila e Pannella in mimetica, del panalbanesimo islamista coltivato in Kosovo, Bosnia e Macedonia dai petrotiranni del Golfo, dove operavano in concorso Gorge Soros, con i suoi istituti e le sue università etnicamente puliti (riservati ai soli albanesi), e l’albanese Teresa di Calcutta, con i suoi presidi sanitari etnicamente mondi.

Operava, efficacissima, anche Giovanna Botteri, inviata del mio TG3 che, glorificando le bande mafiose dell’UCK del trafficante di organi e killer di massa, Hashim Thaci, addestrato dalla CIA, amato da Madeleine Albright, segretaria di Stato e coperto dalla KFOR (forza ONU tuttora impegnata a garantire il narcostatarello), e attribuendo ogni sorta di nefandezza ai difensori dell’unità jugoslava, si guadagnò la corrispondenza RAI più pregiata, New York e poi Pechino e poi Parigi. La incrociai a Baghdad, sotto attacco del 2003. Irrinunciabile.

A Belgrado le bombe e i missili. Ottenuto un blackout in tutta la Serbia, tanto da far spegnere le incubatrici e chi ci stava dentro, non c’era più partita. A Pancevo polverizzata la concentrazione petrolchimica con sostanze tossiche sparse su mezza provincia. A Kragujevac, colpito con l’uranio il cuore della classe operaia balcanica, la Zastava (poi ricostruita in un anno dai soli operai). A Novi Sad un allarme da panico ogni trenta minuti, le raffinerie in fiamme e la diossina in tutto il sangue, i tre ponti più belli d’Europa sbriciolati con la gente sopra. A Nis un diluvio di bombe a grappolo, proibite, a seminare schegge e necrosi in tutti gli organi. Milioni di serbi profughi dai macelli nella Krajina e nel Kosovo.

E i treni, e le case, e gli ospedali e il Danubio fatto dilagare a forza di piogge da nuvole inseminate, e la TV di Stato da azzittire, con i missili, come ogni voce altra, al costo di 16 vittime, e l’ambasciata cinese con tre morti, e i due missili dribblati nella Zastava, e l’albergo incenerito dove per un pelo, mezz’ora prima, non ci eravamo acquartierati e la prima rivoluzione colorata CIA con i mercenari fascistoidi di Otpor, e Slobodan Milosevic da me intervistato prima che lo arrestasse, Zoran Đinđić, un Abu Mazen che da Vienna indicava alla NATO i suoi concittadini da colpire, prima di consegnare il presidente patriota ai sagomati yankee he facevano i magistrati all’Aja che, non potendolo condannare, lo fecero morire in cella.

Tutto finito allora. Macchè, l’Impero i suoi sguatteri il lavoro non riescono a finirlo mai. La Serbia è sotto tiro come non mai. A prescindere. Basta che esista, lì in mezzo, davanti alla Russia, con i suoi “serbi da morire”.

Nella trasmissione c’è altro. Ma voglio chiudere con un’immagine che apre e chiude il mio docufilm ben titolato “Serbi da morire”. Immagine che ho presente con la stessa vivezza di colori e profili di 25 anni fa. Serbi, donne, uomini, ragazzi, vecchi, tutti sul ponte Branco, centro di Belgrado, in pieno bombardamento di tutti i ponti, con sul petto un cartello “Target”: colpisci me, figlio di puttana! Non mi fai paura.

lunedì 18 marzo 2024

PUTIN C’E’

 

 

VLADIMIR PUTIN, UN GIGANTE DELLA STORIA, DELLA PACE, DEL GIUSTO, DELLA DIGNITA’ UMANA E NAZIONALE. SALVATORE DEL SUO POPOLO, BARRIERA AI MOSTRI, SPERANZA DELLA SPECIE.

AI SUOI PIEDI, IN OCCIDENTE, UN VERMINAIO DI LADRI, ASSASSINI, MENTITORI, FRUSTRATI, INETTI, CON PER BANDIERA UNA VECCHIO DEMENTE SCATURITO DALLA PIU’ CRIMINALE MACCHINA DI SOPRUSO E MORTE DELLA STORIA.

IN PALESTINA UNA RESISTENZA DI POPOLO EROICA, IRRIDUCIBILE, AVANGUARDIA DELLA LIBERAZIONE UMANA. E UN RELITTO, ABU MAZEN, CHE COSPARGE DI CIANURO LA SPADA CON CUI ERODE UCCIDE I SUOI FIGLI, INFAME RUFFIANO SPIAGGIATO NEL GIRONE DEI TRADITORI DELLA PATRIA.

HASTA LA VICTORIA SIEMPRE

sabato 16 marzo 2024

ITALIA ATLANTOSIONFASCISTA IN PIENA DEMENZA SENILE ARMATA

 



BYOBLU-MONDOCANE 3/18  “MODELLO NORDIRLANDA PER TUTTI”

In onda domenica ore 21.30. Repliche lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, gioovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00.

Byoblu-Italia armata, “Che idea ti sei fatto”, Miriam Gualandi intervista Davide Colantoni e Fulvio Grimaldi

Stavolta vi sparo dal lanciarazzi multiplo, tipo batteria Katiusha. Tanta roba, visto che tante cose succedono che uno deve fare salti mortali con doppio avvitamento per starci dietro. Così ecco, insieme alla nuova puntata di Mondocane un programma curato da Miriam Gualandi e che ci pone davanti all’orrore di cosa stiamo inventando tra un Crosetto, lobbista degli armieri e, dunque, ministro dell’Offesa e del primato nazionale, europeo e mondiale dei conflitti d’interesse, e una Meloni che, lingua in bocca con l’altro Arlecchino ucraino, gli promette giovani italiani da far dissanguare in Ucraina contro i russi. Sullo sfondo gli armamenti e l’Italia della demenza senile armata che continua a contribuire all’unico vero olocausto del nostro tempo, quello di Gaza, con riverberi in Cisgiordania. Dove Jack lo squartatore, munito delle 7 braccia della Menorah, colpisce indignato chi, specialmente bimbetto ingordo, o mamma risparmiosa sul latte, non si acconcia a morire di fame.

Nel seguito caratterizzato dalle immancabili bombe e, ora anche dai super-robot di cani cecchini, ottimamente collaudati sulle cavie di Gaza (così imparano ad affezionarsi a felini e botoli), lavoreranno gli esiti di ferite non più curate, di epidemie da fogne scoperte, acqua inquinata, mancanza di strutture e presidi sanitari, colera, diarrea, infezioni… E si arriverà, secondo gli studi dei ricercatori americani e britannici a 85.000 morti subito e a mezzo milione entro l’anno. Al netto dell’incognita di migliaia di sepolti e frantumati sotto le macerie, che risultando dispersi, non figurano agli obitori e alle classifiche. Si vedrà alla fine quanti ne mancheranno di quei 2,3 milioni originari a cui era venuto l’uzzolo di dare un’occhiata fuori dal carcere a cielo aperto. Netaniahu dice “tutti”. Ed è uno a cui, avendo dietro Rothschild, Soros, Schwab e Larry Fink, c’è da credere.

Ci siamo dentro fino al collo. Vi ci hanno infilato appendendoci al gancio della guerra infinita al Terrorismo. Ricordate il punto di partenza?.Non l’esodo dall’Egitto e neanche Saladino e Goffredo da Buglione. Neppure la morte degli dei e l’arrivo del dio unico che puoi credere quanto vuoi in lui, la fregatura è che lui non crede in te e, per troppo amore, ti schiaccia sotto secoli e millenni di sventure. Le bombe atomiche USA su Hiroshima e Nagasaki? Forse. Ma partiamo da più vicino, da qualcosa di simile al crimine di Truman e soci: 11 settembre 2001.

La curiosità, forse tutta italiana, forse no, è che abbiamo, come provo a commentare in Mondocane, due diverse mobilitazioni, separate, per quanto parallele e complementari.  Lo constatiamo al netto dell’attuale arma di distruzione di massa che vede una terza mobilitazione, tutta politico-mediatica, impegnata, con il bolso revanscismo rothschildiano di Macron e dei vari subalterni europei di Blackrock, a prospettare Armageddon russi per toglierci dagli occhi l’oceano di sangue palestinese allestito dai sionisti. Pantere grigie in una piazza, ragazzi, adolescenti e giovani nell’altra. Gli uni per la salute, soprattutto, gli altri contro la guerra.

Se ne trae la conclusione che i più stagionati, vedendola avvicinarsi, tendono a dare priorità al suo distanziamento. Parlo della linea d’arrivo. La loro una reazione difensiva, molto personale, nei confronti di chi assalta la loro integrità psicofisica già minacciata dal tempo.: tutti contro i maneggi sfoltimondo dell’OMS su mandato della nominata élite farmaceutico-tecnocratica. Un po’ un si salvi chi può. Sacrosanto. Anche perché diversamente dagli juvenes, gli stagionati hanno memoria e sanno unire i puntini che formano lo scenario

Mentre quelli senza preoccupazione di scadenza, sotto i trenta, assumono una visione di più collettiva prospettiva, loro, ma anche extra-generazionale.  Nel caso di chi vede nei progetti padronali articolati in trattati e regolamenti OMS (con lo zerbino dei piani pandemici domestici), la preoccupazione, legittimissima, è però molto personale, riguardo alla propria vita, salute, libertà, e a quella dei cari. Difficilmente è collocata in un rigoroso e consapevole quadro politico, ideologico. C’è di tutto. Ed è un bene e anche un male.

Quadro che invece è lo scenario dominante di chi si batte contro una strategia di militarizzazione e conseguente nichilizzazione generale. Qui il futuro non è la minaccia di morte da manipolazione farmaceutica. E’ la minaccia della cancellazione del futuro tout court. Peraltro già implicita per i giovani dal punto di vista del protagonismo, anzi della sopravvivenza economica e sociale. Battersi per la Palestina, contro i mostri della guerra che stanno affettando il resto del mondo con zanne che si allungano da torri eburnee, sarà carente di memoria vissuta, ma non lo è certo di coscienza.

Qui si tratta di evocare un vecchio lemme: siamo tutti nella stessa barca, unirsi, mentre quegli altri scatenano uragani. Figuratevi un Lunapark, all’ingresso del “Tunnel della paura” c’è il botteghino: è un Kibbutz fatto di due torri gemelle e un pentagono. Ti staccano il biglietto e ti spediscono sul carrello: mostri afghani, i talibani, mostri iracheni, Saddam, mostri libici, Gheddafi, mostri russi, Putin, mostri manifestanti contro Israele e, in mezzo, virus a sette punte, terroristi variopinti purchè islamici, lande arroventate dal CO2, donne falcidiate dagli uomini, una distesa di Navalny morti avvelenati,

Usciti dal tunnel siamo bell’e ammorbiditi, chi più dal virus, chi dal vaccino, chi dalla paura dell’1,5 gradi in più, chi dal maschio al tavolino di fronte, chi da Putin e chi da Hamas. Intanto al botteghino contano i superprofitti. Blackrock, Goldman Sachs, J.P. Morgan. E i camerieri, in tenuta nera o bruna, si godono la mancia.

Oggi 16 marzo in tutta Italia si parte contro l’operazione Pandemia, con annesso Piano del gregge, Trattato del gregge e Regolamento del gregge, con quanto ne discende in termini di salute, libertà, verità, vita. Ma ricordiamoci anche che in quel botteghino del tunnel c’erano le Torri Gemelle, cioè il Centro Commerciale Mondiale: i soldi. E c’era il pentagono: la guerra. Dentro al tunnel solo il corollario. Non poco, ma non tutto.

Vi chiedete come faranno. Faranno come Frank Kitson, Brigadiere Generale,  Comandante della 39ma Brigata di Fanteria Aviotrasportata di Sua Maestà, Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate Britanniche prima in Nordirlanda e poi nel mondo, Consigliere militare della Regina Elisabetta, Baronetto, Comandante dell’Impero Britannico, autore della Strage della Domenica di Sangue a Derry, mandante durante vent’anni in Irlanda del Nord di 10.0’00 civili assassinati, di 100.000 carcerati senza processo, di 1000 esecuzioni. Un maestro per il presente. Un benemerito della civiltà in corso.